G19 Una notte al Louvre


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[alert close=”no”]G 19 Van Horn (TX) – Fort Davis (TX) 148 km[/alert]

Secondo giorno in cui mi allontano dal turbolento confine messicano e dalla frontiera naturale, il Rio Grande, di cui spesso si parla come del fiume “largo un miglio e profondo un piede”.

Il bello di questo corso d’acqua, che ritroverò tra qualche giorno a Del Rio, è che nel corso della storia ha cambiato più volte di percorso, dando origine a infinite liti tra America e Messico per questioni di confine; l’ultima è stata risolta con un trattato quando era presidente Johnson nel 1967, dopo 60 anni di discussioni!

Comunque, come previsto, la tappa è stata durissima. Prima parte buona, lungo la strada di servizio che corre parallela all’autostrada interstatale I-10, poi la svolta di 90° verso sud e comincia il calvario.

37 miglia di salita (60 km) e di saliscendi (più sali che scendi), ma soprattutto vento contrario costante, con folate che riducono la velocità a 4-5 miglia all’ora.

Paesaggio monotono, arido, con poca erba secca, qualche mucca e macchia desertica, con tante piante di yucca e altri cactus per me misteriosi, ma che in questi giorni stanno producendo frutti multicolori. Almeno, penso siano frutti. In ogni caso, bellissimi. Tutto il terreno è recintato e fa parte di alcuni ranch, che si vedono in distanza. Uno ha pure una pista per aerei. Questo perché tante di queste proprietà non sono vere attività agricole o allevamenti redditizi, bensì sono proprietà di milionari che le usano come fiore all’occhiello. Della serie: “Cosa ne diresti di salire sul mio aereo, che andiamo a prendere il caffè nel mio ranch in Texas?” Si può dire di no a una proposta del genere?

Se vi interessa questo tipo di vita, le possibilità sono due: o vi date da fare per incontrare un/a milionario/a fornito di ranch, oppure comperate un pezzo di terra e costruite. In questo caso, confermo che si vendono pezzi di semi-deserto a prezzi stracciati, poco più di mille € all’ettaro, cactus, avvoltoi e insetti compresi.

Fate la vostra offerta.

Tutto questo per salire agli oltre 2000 metri del monte Coucke, dove svettano dal 1939 le cupole dell’osservatorio stellare di proprietà dell’università del Texas.

Una messa in guardia importante: se il milionario ranchero di cui sopra vi invita a una “Festa delle Stelle da McDonald”, non aspettatevi Jack Nicholson che mangia un hamburger. McDonald è il nome dell’osservatorio e “star party” sono gli appuntamenti settimanali che permettono al pubblico di dare una sbirciatina al cielo attraverso l’occhione di vetro del telescopio.

Arrivo a Fort Davis alle 8 di sera e il primo albergo è completo. Il secondo pure. Mai successo finora.

Scopro il perché e mi viene da ridere, o forse da piangere: ci sono in città almeno 350 ciclisti da tutto lo stato per una serie di gare ufficiali lungo tutto il fine settimana! Il terzo albergo per fortuna ha posto.

Al ricevimento sento una coppia di italiani che con qualche difficoltà cercano di capire se c’è posto e a quali condizioni. Decido di dar loro una mano, per lo stupore del receptionist che tre italiani insieme li ha visti solo nel film “Il Padrino”, ed ecco pronto lo scenario per l’ennesima puntata di “Incontri improbabili”.

Il loro accento mi aveva fatto sorridere perché era uguale al mio, ma dopo una giornata nel caldo soffocante del deserto e dei canyon, Teresa e Ilario da Imola-Italy hanno creduto di avere le allucinazioni quando si sono sentiti spiegare nel loro dialetto le condizioni di alloggio da parte di uno strano personaggio sudato, puzzolente e vestito con i colori della nazionale!

È finita che abbiamo cenato insieme e ho scoperto che questi due simpatici conterranei sono degli appassionati podisti e sono venuti varie volte a correre nel ridente borgo di Cotignola, situato a ben 20 km da casa loro.

Il mondo non è piccolo, è microscopico! Il cugino di Ilario, che sono venuti a trovare, è un affermato artista (www.benini.com).

Abita dalle parti di Austin, la capitale del Texas, nientemeno che nel ranch appartenuto al presidente Johnson (noto agricoltore – vedi più in alto ).

Al ricevimento ci danno le chiavi, però scopriamo che le nostre camere non sono nell’albergo stesso, ma in un’altra casa. Sentite le indicazioni:

“Prendete la strada di fronte all’albergo fino in fondo, dove diventa un sentiero. A quel punto voltate a sinistra e la casa è la prima sulla destra. C’è scritto museo, ma non importa. È proprio quella!”

E così, nell’oscurità totale perché qui le strade non sono illuminate, è partita la carovana più assurda del west, fatta di tre romagnoli: uno davanti con la bandana e una bicicletta carica come un mulo e due dietro in macchina a illuminare la strada fino al museo. Sembravamo Arsenio Lupin: abbiamo scassinato la porta, un po’ recalcitrante, e ci siamo salutati.

Sono entrato in questo Louvre alla texana e mi sono addormentato subito, ebbro di stanchezza.

E ho sognato la Gioconda con una Colt dall’impugnatura rosa che sparava a Tex.

Ps: Domanda tranello per gli amanti del Trivial Pursuit:
Qual è la capitale della California?
Un minuto di tempo. E non barate!