G33-34 Strunz!


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[alert close=”no”]G 33 Navasota (Tx) – Shepherd (Tx) 123 km – G 34 Shepherd (Tx) – Sisbee (Tx) 94 km[/alert]

Due giornate di sole splendido, niente afa e vento per lo più favorevole. Così si spiega la fine apparente della crisi fisica degli ultimi giorni. E le salite dovrebbero essere ormai un ricordo, il che mi dà un sollievo esagerato e mi fa venire voglia di approfondire un argomento già sfiorato.

Accennavo ieri al fatto che nella zona da cui sono passato ad est di La Grange è insediata fin dall’800 una comunità di coloni di origine tedesca.

Leggendo e chiedendo qua e là, mi sono reso conto di quanto avessi sottovalutato questo fenomeno migratorio.

Infatti i primi coloni tedeschi arrivarono poco dopo il 1830, quando il Texas era ancora messicano. Il primo, tal Friedrich Ernst, scrisse una lettera ad un amico nella sua città natale, Oldenburg, che venne pubblicata dal giornale locale. La descrizione delle terre del Texas fu così bella da riuscire a convincere moltissimi ad emigrare e oggi Ernst viene riconosciuto come il padre dell’emigrazione tedesca in Texas. C’era di tutto fra i nuovi arrivati, ma soprattutto artigiani, agricoltori e allevatori.

Poi arrivò l’ondata di coloro che vennero chiamati “Quelli del ‘48”, che avevano partecipato ai vari movimenti di rivolta che avevano scosso un po’ tutta l’Europa in quell’anno, con richieste di governi più democratici e un primo abbozzo di rispetto dei diritti umani.

Delusi dal fallimento della rivolta, e spesso ricercati dalla polizia dell’Impero, molti intellettuali tedeschi, ma anche cechi e ungheresi, presero la via del Texas. Per far capire il tipo di personaggio, diciamo che l’equivalente italiano fu Giuseppe Mazzini, con il suo soggiorno a Londra.

Di un gruppo ben preciso di questi emigrati tedeschi avevo letto qualcosa casualmente, visitando alcune sere fa il centro storico di Comfort, ma solo oggi sono riuscito a fare il collegamento.

La placca commemorativa che ho fotografato ripercorre in breve la vicenda dei cosiddetti “Liberi Pensatori”, che fondarono la cittadina di Comfort, dove vissero per anni secondo i loro principi, che comprendevano l’assoluta non interferenza della chiesa negli affari di governo, l’eguaglianza sociale, razziale e sessuale, nonché l’abolizione della schiavitù.

E infatti, in base a questi principi, aderirono alla causa del Nord durante la Guerra Civile e ne pagarono duramente il prezzo per mano dell’esercito confederato.

Subito fuori città, a metà di uno strappo che mi ha fatto sudare l’anima, mi sono imbattuto la mattina dopo in una città tedesca fantasma, Grapetown. Dico fantasma perché l’unico edificio che rimane funziona oggi come centro polivalente. Ma una volta era il fiore all’occhiello proprio dei Liberi Pensatori di Comfort, che ne avevano fatto una scuola modello.

Per dare un’idea del numero di persone di cui stiamo parlando, segnalo che a fine ‘800 le tre grandi città texane di San Antonio, Houston e Galveston vantavano una popolazione per un terzo di origine tedesca.

Dai dati dell’ultimo censimento, nel Texas di oggi ben l’11% degli abitanti dichiara un’origine tedesca, al punto che si parla di “German-Texans” come gruppo etnico.

E, con mio grande stupore, sempre il censimento dà gli americani di origine tedesca come il gruppo etnico più numeroso degli Stati Uniti, con un’incredibile 17% dell’intera popolazione: senza dimenticare due famosi presidenti come Dwight Eisenhower (in origine Eisenhauer) e Herbert Hoover (in origine Huber).

Una cosa simpatica è che sono censite ancora circa 80.000 persone che parlano il tedesco del Texas, un dialetto a dir poco terrificante che risale al 19° secolo e che per di più ha assorbito parole americane o americanizzato parole tedesche.

Per l’affetto che porto alla professione e ai miei amici interpreti, auguro loro di non avere mai la sfortuna di dover tradurre un texano che parla tedesco!

E dire che sarebbe bastato guardare la cartina geografica e leggere i nomi delle città: Biegel, Frelsburg, New Ulm, Millheim, New Braunfels, Luckenbach, Gruene, Fredericksburg, Groesbeck, Boerne, Schulenburg, Weimar, Muenster, Berlin e tante altre.

L’unico neo di questa migrazione (e i miei amici tedeschi che leggono il blog mi perdoneranno) è che i coloni portarono con sé anche i libri di cucina.

Un’avvisaglia l’avevo avuta a Wickenburg, dove mi ero imbattuto in un ristorante “Berlin”, che mi aveva colpito perché aveva affisso un menù con due colonne, pranzo e cena: i piatti erano gli stessi, ma la sera costavano 3-4 dollari in più!

Inoltre, pur vantandosi di fare cucina “europea” (sic!), in realtà proponeva solamente schnitzel, cioè delle cotolette con tutta una serie di salse, fra cui una salsa texana e una salsa ranchero di improbabile origine imperiale. Per cui mi era venuto in mente il vecchio detto secondo il quale “nel paese dei ciechi, beato chi ha un occhio!”!

Scherzi a parte, concentrato com’ ero sui chilometri da fare, ho davvero rischiato di mancare il fenomeno importantissimo dell’emigrazione tedesca in America!

Tutti sappiamo che in Texas non si gioca a calcio. Peccato, perché, se si giocasse, immagino già la partita dell’Italia contro la “Texas Mannschaft”, composta da: Lehmann, Ullrich, Jaeger, Schoenberg, Waldeck, Hauptstrasse, Cooper (un oriundo), Ponfick, Wagner, Strunz e Wickel (sono tutti nomi di fattorie e strade di campagna attorno a La Grange!).

Per il posto di allenatore non ho dubbi. Sarebbe l’unico italiano che parla (si fa per dire) sia il tedesco che l’inglese: Giovanni Trapattoni.

Riguardate la sua intervista di quando allenava il Bayern di Monaco e ditemi se non ho ragione.

Was erlaube Strunz !?