Mal dei Primitives

o mal di gola?

Sono tanti i motivi che ci spingono a visitare una città: i suoi monumenti, i palazzi d’epoca, un teatro, un ristorante, un parente, un amorazzo, una manifestazione, un parco, un’università, e chi più ne ha più ne metta.

Non è allergico al polline...
Non è allergico al polline…

Penso però che a nessuno sia mai capitato di visitare una città per via del suo nome. Fino a stamattina non era mai capitato neanche a me, però si sa, a tutto sappiamo resistere, fuorché alle tentazioni. Così, lasciata Piadina a riposare in albergo, sono salito su un treno per andare in Galles, più precisamente sull’isola di Anglesey, dove si trova il paese che vanta il nome più lungo del Regno Unito. Eccolo qua:

Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch

La stazione
La stazione

Sono 58 caratteri in tutto, che, messi assieme, significano qualcosa come:
Chiesa di Santa Maria nella valletta del nocciolo bianco, vicino alle rapide e alla chiesa di San Tysilio nei pressi della caverna rossa.

Gli inglesi non riescono a pronunciare questo nome, anche perché alcuni suoni, come la doppia elle iniziale, sono a loro totalmente sconosciuti. Con il loro abituale pragmatismo, lo hanno ridotto a Llanfair PG, dove Llanfair significa “Santa Maria” e PG funge da abbreviazione per le restanti cinquanta lettere. I gallesi invece fanno un punto d’onore del saper declamare fino in fondo e senza esitazione il nome di questa località, che, non fosse per questo fatto strabiliante, sarebbe uno degli insediamenti umani più banali che si possano immaginare.

Da ripetere 100 volte...
Da ripetere 100 volte…

Un piccolo dettaglio: in Galles ci sono qualcosa come 630 località il cui nome, piu o meno lungo, comincia con il prefisso “llan” e più avanti spiegherò come questo fatto abbia avuto un impatto fondamentale nella storia dell’impero romano.

Diciamo che mi è sembrato indispensabile approfittare della relativa vicinanza per visitare questi luoghi e soprattutto ristabilire la verità storica dei fatti. Mentre il treno attraversa la città di Chester (che noi legionari romani chiamavamo Deva), mi viene in mente che l’isola gallese che sto per raggiungere era nota agli storici romani come Isola di Mona.

Nei suoi Annali (XXIX e XXX), Tacito racconta per filo e per segno l’invasione dei legionari, che devono superare il terrore iniziale causato dall’apparizione dei druidi, i quali, in mancanza d’altro, scagliano sugli invasori terribili maledizioni.
Quello che Tacito non spiega è come mai il temibile esercito celtico che aspettava nelle retrovie venne colto completamente di sorpresa dall’avanzata romana. Ve lo racconto io con uno scoop mondiale, e sfido Piero Angela a fare di meglio.

Aemilius ex Monte affronta i Druidi
Aemilius ex Monte affronta i Druidi

Visto che i legionari avanzavano tranquillamente, a dispetto degli accidenti e delle fatture dei druidi, la piccola vedetta celtica scese dal suo albero e, come da istruzioni, corse ad avvisare il capo dell’esercito nelle retrovie, affinché potesse concentrare le difese sul lato del probabile attacco.
Il capotribù, di antiche origini celtico-triestine, interrogò la vedetta trafelata e intimidita, che gli annunciava l’arrivo dell’invasore:
“Dimmi ragazzo…”, esordì il guerriero.
“Arrivano dalla parte di Llanfrechfa”? “No, signore”
“Arrivano forse dalla parte di Llansantffraid”? “No, signore”
“Allora arrivano dalla parte di Llanerchymedd”? “No, signore”
“Insomma, arrivano da Llanhyfryddawellehynafolyba”? “No”

Il ragazzo, sempre più intimorito, raccolse tutto il coraggio che aveva e disse:
“Mio signore, i nemici arrivano dalla spiaggia di
Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogo….goch!

Rprovare...
Rprovare…

Troppo tardi! Non fece in tempo a finire quel nome lunghissimo, che Aemilius Ex Monte, primo centurione della prima coorte della seconda Legione Augusta stava già guidando l’attacco romano verso la palizzata ancora sguarnita della cittadella.
Sentì il capotribù che se la prendeva con la vedetta e lo apostrofava duramente dicendogli: “Tasi, mona!”. E così, l’isola fu sottomessa e ribattezzata allo stesso tempo.

Scherzi a parte, il villaggio prospera grazie al suo nome impossibile e alle corriere di turisti che ogni giorno sbarcano nel centro commerciale adiacente alla stazione per fare incetta di ricordini. Mi sono allontanato dalla zona e ho pranzato in un pub, dove ho fatto amicizia con il giovane barista e un abitante del luogo, che parlavano tranquillamente in gallese tra di loro.

Il pub, "tafern" in gallese
Il pub, “tafern” in gallese

È bello vedere che da queste parti la lingua ancestrale è ancor oggi un potente simbolo di appartenenza e di unificazione: i cartelli stradali, così come le insegne dei negozi, sono bilingui e la BBC ha un canale dedicato che trasmette esclusivamente in gallese. Sentire il mio interlocutore più anziano ricordare che ha cominciato a studiare inglese solo a scuola, quando aveva già 11 anni, mi ha fatto un effetto strano, perché mi ha fatto ripensare al fatto che anch’io, come milioni di italiani, sono cresciuto parlando prima in dialetto (romagnolo nel mio caso) e poi in italiano.

Hew e David
Huw e David

Ad ogni buon conto, prima di partire il barista, Huw (versione gallese del nome Hugh) mi ha lasciato come ricordo la registrazione del nome del villaggio in perfetto gallese.
Eccola:

Segue la mia personalissima versione:

Mi viene da ridere su come ci si potrebbe sbizzarrire, trovando possibili nomi al proprio paese. Cotignola, ad esempio, potrebbero diventare:

Chiesadisantostefanochedasullapiazzadifiancoalbarsportdovesiprendelaperitivo
Oppure:
Camposportivovecchiodoveunavoltafacevafestailpcipoiidseilpdsoggiilpddomanichissà

E visto che nel ‘300 divenne proprietà del capitano di ventura John Hawkwood (Giovanni d’Acuto), ecco un’altra possibilità :

Perfortunahawkwoodnoneragallesesenochissacomeca***cichiamavamooggi

Dimenticavo. E Mal dei Primitives?

Il mitico Mal dei Primitives
Il mitico Mal dei Primitives

I più giovani non sapranno nemmeno chi è questo cantante dalla pronuncia italiana caricaturale, interprete di pezzi mitici come “Bambolina”, “Pensiero d’amore” e “Furia cavallo del west”. Ma resta il fatto che ci è sempre stato spacciato per cantante inglese. Eh no! Mal è gallese, perché è nato a Llanfrechfa, vicino all’estuario del fiume Severn.
E la prossima volta che lo invitano a cantare in qualche festa dell’unità dalle mie parti, farò in modo che lo obblighino a pronunciare:
Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch.

Come si deve. Se no, non lo paghiamo!

ps: domani tappa lunga. Forse il blog riposa.

16 commenti
  1. Cindy
    Cindy dice:

    Vedi che grandi viaggiatori sono sempre stati i triestini, e anche i celti hanno accolto le loro espressioni più sintetiche sul genere umano. Qui per la pioggia dobbiamo aspettare quasi una settimana, forza per la prossima tappa, oramai le gambe ti teletrasportano

    • Emilio
      Emilio dice:

      Il teletrasporto purtroppo non funziona. Si fatica, altroché 🙂
      Grazie per l’incoraggiamento!

  2. Fer Di Nando
    Fer Di Nando dice:

    Puoi fare una rapida verifica, visto che sei lì? Qualcuno tempo fa mi ha detto che in gaelico – non so quanto differisca dal gallese – il “rusco” si chiama “ròsk”, come in romagnolo. Ciao e pedala invece di andare in treno!

    • Emilio
      Emilio dice:

      Finora ho trovato come traduzione solo la parola “brusgar”. Vedrò di approfondire oltre confine!

  3. claudia
    claudia dice:

    e’ una emozione sentire che una frase famosa del mio trascorso di bambina “tasi mona” viene così da lontano. Ed è altrettanto emozionante che una parola che sembra dispregiativa quando si riferisce ad un umano, ma che descrive, sinteticamente, anche uno dei luoghi più ambiti e desiderati dall’immaginario machile abbia fatto tanta strada e sia invocata anche in luoghi dove la comunicazione non è proprio il forte della popolazione. Adesso comprendo meglio l’orgoglio gallese ma anche la superiorità britannica, che nomi impronunciabili! Un po di riposo del blog lo capisco Aemilius presentava certe occhiaie che conviene decidere fra la testa e le gambe. Ci mancherai ma, egoismo a parte, non vorremmo un amico sfinito, te saria un mona

    • Emilio
      Emilio dice:

      Alla fine, sembra che in gallese Ynis Môn volesse dire solamente isola delle mucche.
      Che delusione.
      Sono proprio dei mona …:-)

  4. Ramon
    Ramon dice:

    Nel mio piccolo (e non in bici) sono stato qui: ‘Taumatawhakatangihangakoauauotamateaturipukakapikimaungahoro-nukupokaiwhenuakitanatahu’
    che ossia in Nuova Zelanda (ed in lingua Maori) è il nome di una località vicina a Porangahau. Il suo significato è:
    ‘Il ciglio del luogo dove Tamatea, l’uomo con le grandi ginocchia, che scivolò, salì e ingoiò le montagne…’ continua, ma nel box non c’è più posto… 😉
    Buona continuazione e social share garantito!

    • Emilio
      Emilio dice:

      Da quello che mi risulta, il nome del villaggio gallese è il terzo più lungo al mondo. Mi sa che il tuo è in testa!

      • Ramon
        Ramon dice:

        Credo di si… sarebbe bello se agli antipodi (ossia da noi…) ci fosse la località con il nome più corto… chissà che nel tuo prossimo viaggio tu non voglia fare il giro della nostra “magna Romagna” e scoprirla! Okkio a Braveheart e vai col tango!

  5. maurizio
    maurizio dice:

    Vogiamo tutti, dico TUTTI, gli ingredienti del Porcpai. Alcuni devono essere vietati anche oltre Manica….. Vai, Emilio, che quando arrivi in Scozia poi la strada è tutta in discesa per tornare a Sud

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