G10 – Globe(AZ) – Safford (AZ) 128 km

Quando nel 2007 Repubblica e l’Espresso lanciarono la ristampa storica degli album di Tex a colori, un famoso giornalista del gruppo scrisse:

“Nelle strade che attraversano l’Arizona i Navajo, quelli che avevano ribattezzato Tex Aquila della notte in segno di rispetto, ci sono sempre, come da 10.000 anni e nei pueblo, le costruzioni di mattone e pietra che resistono sulle “mesas”, le tavole degli altipiani, respirano sempre quel vento gonfio di misticismo, di spiriti grandi e piccoli, di danze di mocassini, che riportano queste terre a una dimensione temporale infinita come il cielo che le avvolge”.

Vorrei dare due possibili chiavi di lettura di questo testo.

La prima: NON È VERO NIENTE

I Navajo, il cui vero nome è Diné, sono la popolazione indiana più numerosa (circa 250.000) e sono strettamente imparentati con gli Apache. I pueblo resistono di sicuro sulle “mesas”, ma sono abbandonati da tempo e i Navajo o sono andati ad abitare in città o vivono in gruppetti di case sparse, povere, in genere prefabbricate. Il misticismo, gli spiriti e le danze di mocassini servono per intortare i turisti che a milioni visitano queste terre inospitali, attratti soprattutto dal Grand Canyon (che si trova in parte nella loro riserva) e dalle bellezze naturali. Hanno resistito fino a poco tempo fa, ma alla fine hanno deciso che per fare soldi anche loro dovevano aprire un casinò, come tante altre tribù indiane hanno già fatto.

I Navajo hanno uno statuto che dà loro grandissima autonomia fiscale e anche legislativa, al punto che si parla di “Navajo Nation”. Stamattina, il loro giornale, il Navajo Times, invitava tutti a partecipare al censimento in corso, perché i contributi federali (1 miliardo di $) si basano sul numero di Navajo censiti. A proposito, per essere riconosciuti tali, bisogna possedere almeno un quarto di sangue Navajo (cioè un nonno o una nonna). Quindi se mio nonno fosse venuto da queste parti a inizio ‘900 invece di lavorare la terra nella bassa romagnola, io adesso mi chiamerei Bicicletta Pazza e parlerei la lingua ancestrale, che, non dimentichiamo, l’esercito americano usò nella seconda Guerra Mondiale per inviare messaggi segreti, dato che nessuno all’infuori dei Navajo poteva capire quella lingua!

Sono gli unici ad allevare su piede di completa parità maschi e femmine, tanto che all’epoca delle guerre indiane, anche le donne combattevano contro l’uomo bianco. La loro società è matriarcale. La nonna/donna comanda in casa e quando una donna si sposa è l’uomo che va ad abitare a casa di lei, portando una dote, tradizionalmente un certo numero di pecore.

Hanno un tasso di disoccupazione altissimo, gravissimi problemi di alcolismo, diabete e obesità, ben oltre la media. Questa mattina, al negozio della riserva San Carlos, sembrava di stare in un quadro di Botero: ma è qui che ho incontrato Raymond, la faccia da Charles Bronson bruciata dal sole e non solo, amante dell’Italia perché l’ha vista in tanti film, amante del vino e del formaggio italiani che trova persino quaggiù, una vita da raccontare, se solo uno avesse il tempo di ascoltarla tutta. Volete far felice il mio amico Navajo? Colleziona cartoline da tutto il mondo. Mandategliene una anche voi, come ho promesso di fare io. Questo è il suo indirizzo: Raymond Allen, P.O. Box 99 Peridot Arizona, 85542 USA

Seconda chiave di lettura:

È TUTTO VERO !

Stamattina sono passato al campo di Nuvola Rossa, ma Tex e Carson erano partiti all’alba. Hanno ricevuto un telegramma da El Morisco e sono partiti per raggiungerlo a El Paso. Prima però passeranno dall’accampamento di Cochise per ringraziarlo del suo aiuto nel caso del detective della Pinkerton ucciso da James Parker, il rinnegato zoppo di Fort Apache.

Kit e Tiger Jack sono in giro a cacciare sui Mogolloni già da una settimana. L’uomo della medicina mi ha offerto il calumet della pace e abbiamo mangiato carne di bisonte. Non potendo raccogliere gli autografi dei nostri eroi, il vecchio guerriero Pelle di Bisonte Bisunta mi ha regalato una fotografia rarissima che ritrae Kit e Tiger quand’erano bambini e mi ha detto: “Che il Grande Spirito sia con te, Bicicletta Pazza, ma stai attento ai camion!”