G39 Quella sporca dozzina


[alert close=”no”]Percorso: G 39 Simmesport (LA) – Baton Rouge (LA) 128 km[/alert]

Quarto giorno in Luisiana. Ancora una volta le previsioni del tempo erano pessime e ancora una volta me la sono cavata con poche gocce di pioggia. Ho deciso di cambiare i piani di viaggio e spingermi fino a Baton Rouge, la capitale, per due motivi.

Primo, devo assolutamente andare da un meccanico serio: negli ultimi giorni si sono rotti tre raggi della ruota posteriore. Grazie all’aiuto di un altro ciclista, sono riuscito a fare una riparazione d’emergenza con i raggi di riserva, ma è chiaro che occorre uno specialista.

Il secondo motivo è che dopodomani vorrei fare un salto a New Orleans (un centianio di miglia a sud), per vedere come sta rinascendo la città, dopo il disastro dell’uragano Katrina. Approfitto del fatto che sono arrivato tardi in albergo per scrivere un post veloce e dare qualche risposta alle domande che trovo fra i commenti o nella posta.

Per cominciare smentisco categoricamente i sospetti dei complottisti e san tommasi: gli americani sono andati sulla Luna e io sono venuto in America . A riprova, le foto richiestemi, prese al momento dell’entrata in Luisiana e dal traghetto con cui ho attraversato il Mississippi, in corrispondenza della bella città di St. Francisville.

Una domanda ricorrente riguarda la difficoltà, sia fisica che psicologica, di affrontare un viaggio come questo, della durata di quasi due mesi. Dal punto di vista fisico devo dire che la forma è come l’appetito, nel senso che viene pedalando.

Oltretutto, le montagne, gli altipiani e le colline in serie sono terminati, e viaggiare in pianura, anche se controvento come oggi, è ben più agevole!

L’aspetto psicologico è più delicato. All’inizio il livello di (presumo) adrenalina è tale che, a dispetto della fatica, si dorme poco e si ha l’impressione di recuperare molto facilmente.

Poi c’è l’inevitabile fase del “ma chi me l’ha fatto fare?”. Sono i giorni di crisi più o meno profonda, solitamente legati alle giornate più impegnative fisicamente.

E infine si passa alla fase della routine, quando i meccanismi sono oliati e le sorprese ridotte al minimo. Non c’è una ricetta unica o un metodo infallibile per non annoiarsi, così a volte si ascolta musica, a volte si ascolta la bicicletta, a volte si ascolta la natura, che è sicuramente quella che ha più da dire. Confesso però che nei momenti di crisi più nera ho fatto ricorso alle puntate registrate de “La Barcaccia”, la trasmissione operistica “cult” di Radio 3 che farebbe sorridere anche un puma col mal di testa.

C’è poi un punto importante da sottolineare e che non mi stanco mai di ripetere: quando si fa un giro di questo tipo in bicicletta non si è mai soli: anzi! Non dimentichiamo che i vari percorsi per attraversare gli Stati Uniti sono tracciati accuratamente da Adventure Cycling, le cui mappe utilizzo anch’io.

Questo significa che per la strada ci sono tante persone che seguono lo stesso tracciato e che, fatalmente, finiscono per passare negli stessi posti e incontrarsi. È esattamente quello che mi è successo.

Partito in solitaria, dopo qualche giorno ho incontrato il gruppo organizzato da Adventure Cycling, composto da una dozzina di ciclisti e due guide che li inquadrano e guidano un pulmino con i bagagli, di campeggio in campeggio.

Poi è stata la volta degli altri “solitari”, sia quelli che fanno la mia strada (ovest-est), che quelli che fanno il percorso inverso e sono fonte preziosa di informazioni (strade interrotte, cani randagi, campeggi buoni…). La tendenza è quella di fare gruppo, e questo ha sicuramente i suoi vantaggi: incontro con persone che hanno almeno un interesse comune (i viaggi in bici), solidarietà in caso di problemi, compagnia nei momenti di solitudine, ecc.

Per quanto mi riguarda, però, ci sono anche molti svantaggi, primo fra tutti quello della perdita di libertà: la libertà di fermarsi a fare una foto quando si vuole, di partire (o no) la mattina quando si è pronti, di pensare alle proprie faccende senza interruzioni e via di questo passo.

Negli ultimi tre giorni, per una serie di circostanze, si è formata man mano una specie di Armata Brancaleone composta da:

-Ron, californiano liberal. Mi ha aiutato con la ruota e gliene sono grato, ma è convinto che le sue barzellette facciano ridere. Errore! Porta lo specchietto retrovisore attaccato al casco.

Non ha le sacche laterali, bensì il rimorchio d’alluminio, su cui porta un carico notevole.

Unico inconveniente: i carrettini hanno tutti, dietro, un’asta flessibile con bandierina, per aumentare la visibilità. Chi sta dietro rischia di perdere un occhio a ogni folata di vento.

-Jerry, viene dall’Oregon, 69 anni. Appassionato di camminate, l’anno scorso era sulle Dolomiti, a Cortina e a Verona a vedere l’opera. Una persona taciturna, ma divertente e deliziosa.

-Todd, viene dal Connecticut, ma i suoi bisnonni erano di Campobasso. Dieci anni fa è sopravvissuto a un tumore al colon e adesso fa la traversata per beneficenza in favore di un istituto oncologico. È un pompiere, per cui ogni volta che passiamo da una caserma ci si ferma per fare lo scambio dei gagliardetti. In America ci sono tante caserme. Dalle prime luci dell’alba e fino a tarda notte è in contatto telefonico con la moglie. Fortunatamente, spesso non c’è campo.

– George, viene dall’Illinois. Ex-marine, è partito che aveva l’aspetto di una persona seria. Si è lasciato crescere la barba e i capelli e gli sceriffi di varie contee lo tengono d’occhio. Ha il rimorchio con bandierina anche lui.

– Jimmy, non so niente di lui. L’ho visto solo tre volte. La prima era inferocito con i suoi compagni di viaggio che l’avevano abbandonato.

La seconda non voleva proferire parola. La terza non smetteva di parlare.

-Karman, canadese. Sono veramente contento di dividere a volte la strada con lui. Paziente, geloso della sua privacy e di quella altrui, altruista e interessante.

– “Quella sporca dozzina” di Adventure Cycling.

Sono un gruppo eterogeneo al massimo, con partecipanti dai 25 ai 73 anni.

Dire eterogeneo è niente: ce n’è uno che la mattina parte sempre per primo, non si ferma a fare una foto e cerca di arrivare il prima possibile al campeggio.

Poi si mette ad aspettare gli altri, neanche fosse una corsa a tappe!

Le signore del gruppo corrono sempre in gruppo, per solidarietà femminile, ad eccezione di una che gira assieme al figlio e manda tutti giù di testa perché fa tre pedalate e ferma le gambe, tre pedalate e riferma, e via di questo passo per tutto il giorno.

I due ultrasettantenni sono i migliori. Sembrano i due vecchietti del Muppet Show che criticano dal palco: sono un ex giornalista e un ex poliziotto californiano della stradale, che viaggia con una bici cosiddetta recumbent, cioè con posizione di guida reclinata e parabrezza. Alla fine della tappa sono i primi a stappare le birre!

Poi c’è uno con i baffi che corre per una associazione che sponsorizza la lotta contro il morbo di Alzheimer. È gentilissimo, ma ha posizioni oltre l’estremità destra della destra estrema. Si nutre solo di Fox News, che quanto a “obiettività” non ha rivali: e dà dei punti a Emilio Fede. Con lui ormai si parla solo di cucina, del tempo e di sport.

Dulcis in fundo, Ely (pronuncia Ilày), che nonostante le coclee artificiali collegate direttamente al cranio, continua a non sentire quasi niente. Da quel che mi dicono i componenti del gruppo, l’apice del parossismo è alla mattina, quando Ely/Ilày occupa l’unico bagno del campeggio per 40 minuti e non sente le proteste degli altri che battono sulla porta.

Se non esistesse bisognerebbe inventarlo: è una persona gentilissima e sempre disponibile. La sera arriva regolarmente oltre il tempo massimo, seguito a ruota dalla guida, livida di rabbia perché si ferma ad ogni pipì di cane per fare foto.

Ad Austin ha abbandonato la bici normale e si è presentato con un trabiccolo allucinante. Sembra una “recumbent”, ma ha i pedali e il cambio collegati alla ruota anteriore. Pare una bici da circo ed è di marca Silvio (giuro!). La polizia l’ha fermato già due volte, perché vacilla per la strada e pensavano fosse ubriaco.

Poi ci sono i due leader del gruppo, che non ne possono più. Fanno a turno a guidare il pulmino e a raccogliere i superstiti in fondo al gruppo, che gruppo non è, perché ognuno va al suo passo. La sera si vendicano con ferocia, dando ordini ai due malcapitati che a turno devono fare la cucina per tutti.

Il riferimento alla “sporca” dozzina non è casuale. In America ci sono tanti posti dove ti lasciano campeggiare per pochi soldi, ma spesso mancano le docce.

Ora, è chiaro che con una compagnia di giro del genere può far piacere incontrarsi ogni tanto per la strada, bere una birra se si è nello stesso albergo o scambiare idee sull’itinerario e sul tempo. Ma non ho fatto tutti i sacrifici e l’allenamento che ho fatto per ritrovarmi ingabbiato nel viaggio di qualcun altro.

No, questo viaggio è troppo bello per permettere a chiunque di rubarmelo.

Oggi ho salutato tutti e mi sono fatto cinquanta chilometri controvento da solo, al passo che mi pareva, senza preoccuparmi se gli altri seguivano o se dovevo aspettare che qualcuno facesse una telefonata o una foto.

Finalmente, mi sono rimpossessato del viaggio.

Il viaggio è mio e me lo gestisco io!

Ps: ogni primo di maggio festeggio il compleanno, ma non è che invecchio.

Divento solo cronologicamente più svantaggiato.

Come regalo, mi prendo un giorno di riposo dal blog. A dopodomani

Ppss: il mio numero di telefono belga 0032 475 710525 da qualche giorno non funziona. Non so perché.