Piadina in scatola
Piadina in scatola
Non è un paese per ciclisti
Piadina è il nome con cui ho battezzato la mia bicicletta nel 2010, sulla spiaggia di Saint Augustine, in Florida. La scelta del nome fu determinata da una giuria popolare virtuale di lettori del blog, che con una maggioranza risicata preferì questo nome al principale contendente: Aquilante, il mitico destriero di Gassman ne “l’armata Brancaleone”.
Col senno di poi, mi rendo conto che con tutti i voti che ha raccolto per via telematica, oggi Piadina potrebbe essere seduta, o più propriamente parcheggiata, in Parlamento.
Dopotutto, se Caligola fece senatore il suo cavallo (ok, è una leggenda metropolitana!), anche Panzio potrebbe elevare al soglio senatoriale il suo cavallo di ferro…
A parte le battute, dire che si parte dalla punta della Cornovaglia è facile, ma prima bisogna arrivarci. Ecco perché Piadina è stata messa in una scatola di cartone dopo i preparativi del caso: si devono sgonfiare le ruote, girare il manubrio, togliere i pedali e la ruota anteriore. Poi si proteggono le parti vulnerabili (leggi il cambio) e si aggiunge un massimo di polistirolo, bugnato e stracci. Si evidenzia la fragilità dell’insieme con appositi cartelli, frecce e raccomandazioni. Infine, si accende un cero in chiesa, sperando che i facchini all’aeroporto saranno meno brutali di quanto non lo siano normalmente con le nostre valigie.
Forse il cero che ho acceso non era abbastanza grosso, o forse ho scelto il santo sbagliato. Resta il fatto che mentre a Bologna ho seguito con i miei occhi le operazioni di imbarco mentre ero già seduto in aereo, all’arrivo a Heathrow ho trovato la scatola di Piadina rovesciata, e soprattutto col fondo aperto senza tanti complimenti.
Si sa che questo è il paese del self-control, quindi mi sono adeguato. Dopo essermi informato sul grado di alfabetizzazione del personale di terra, ho gentilmente chiesto al preposto alle denunce se per caso avesse una sfera di cristallo, dato che sosteneva, guardando appena appena la scatola, che la bicicletta non aveva subito alcun danno…
Comunque, tutto è bene quel che finisce bene e nessun grosso problema è emerso durante il rimontaggio.
Ma prima del recupero bagagli, anche qua c’è la frontiera. Ovviamente il Regno Unito non aderisce al Trattato di Schengen, per cui controlla sistematicamente chiunque si presenti alle sue frontiere. I malcapitati viaggiatori entrano in uno stanzone grande come uno stadio e vengono suddivisi fra “cittadini dell’area economica europea” e resto del mondo. È interessante notare come la menzione “Unione europea” compaia in fondo ai cartelli in caratteri microscopici, come le condizioni capestro nascoste nei contratti.
La fila è estenuante, ma chi, come il sottoscritto, ha un passaporto di ultima generazione può procedere al controllo fai-da-te: si appoggia il passaporto su di un lettore e si fissa intensamente un occhio elettronico che ti fa un esame che neanche il chirurgo estetico: misura il naso, ti fotografa l’iride, ti ridisegna le sopracciglia, conta i peli delle ciglia, del naso e quelli delle orecchie. Per chi soffre di alopecia, conta il numero di nei. Semaforo verde e finalmente, dopo una mezzoretta di attesa, si calpesta il suolo di sua maestà.
Il giorno dopo c’è stato il grande viaggio fino a Land’s End, che pensavo di fare in treno, e invece mi è stato generosamente offerto dalla mia amica Katy, che, da brava devoniana, ha assicurato il suo supporto logistico in questi momenti iniziali, a patto che non parli troppo male del suo paese nel mio blog…:-)
Ma tutti i problemi dei preparativi svaniscono quando ti trovi sulla linea di partenza e scopri che Eolo, il dio dei venti, c’è l’ha con te. Altrimenti non si spiega come mai il vento, che su tutte le spiagge della terra, in tutti i paesi del mondo soffia dal mare verso terra, proprio oggi abbia deciso di fare il contrario. I primi dieci metri del viaggio sono stati micidiali: tra il peso della bicicletta (20 kg più una dozzina di bagaglio) e le raffiche fortissime di vento in faccia, avanzavo come se fossi uscito dal pub ubriaco fradicio. E così ho finalmente imboccato la lunga strada che, direzione nord – nord-est, dovrebbe (nota: dovrebbe) portarmi fino in Scozia, e la giornata è proseguita sulla stessa falsariga, ma con una aggravante terribile: le salite.
Avevo letto molto al riguardo, ma la realtà supera la fantasia: do solamente un esempio fra tanti. Tutte le città costiere che ho attraversato, Perranporth, Newquay, Padstow, ecc. ecc. sono naturalmente costruite attorno al porto. Il problema è che, passato il lungomare, il paese si sviluppa lungo la scogliera, che definire ripidissima è l’eufemismo del secolo.
Risultato: all’arrivo ci si precipita a fondovalle da non più di 200-300 metri di altitudine nello spazio di un solo chilometro (pendenza del 20-30%). Al momento della ripartenza si annota il numero del più vicino cardiologo, ma dopo un po’, spompati e cianotici, si fa l’unica cosa che un ciclista serio non confesserà mai: si mette il piede a terra e si spinge, come un moderno Sisifo, quell’ammasso impietoso di ferro e gomma che non ne vuol sapere di fare sconti.
Oggi poi, l’ignominia finale: in una delle mille salite su cui arrancavo sono stato superato in tromba da una giovane mamma che faceva footing spingendo la carrozzina con il figlio dentro! È andata così: alla base della salita mi ha lasciato passare, convinta che sarei partito a tutto gas.
Verso metà, mentre sentivo i suoi passi avvicinarsi, ho fatto una mossa tanto furbesca quanto vergognosa. Mi sono fermato esausto e con un filo di voce le ho fatto i complimenti, chiedendole se era una atleta e se potevo farle una foto mentre passava! È così è stato.
Povero Panzio Pelato, il discendente di una lunga stirpe di intrepidi centurioni avvezzi ad ogni sfida, che si è arreso in questa maniera incredibile!
Questo non è un paese per ciclisti.
Ma non solo, cara signora: non ci sono più nemmeno i centurioni di una volta.
Quanto sono belle le tue groupies! Secondo me le hai pagate almeno $1,000,000,000,000 ciascuna per farsi fotografare
Oggi poi vogliamo sentire i primi commenti a caldo sul royal baby e gli inevitabili e irrinunciabili interrogativi: al caghè e’ tabac? Al tolt la tetta?
Esilaranti…arguti…mi sembra di aver riavvolto la linea del tempo!!! Forse con la NSU non sarebbe andata diversamente nelle ripartente!!!!Ciaoooo.
Ma una spaghettatina dei cavoli vostri no eh?? e’ tabac le sta benesum!
Where do you find all this info about names? I fancy Otto myself!
Ora sei dato 1 a 234 che non arrivi… 🙂