G36 Harley people


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[alert close=”no”]G 36 De Ridder (LA) – Mamou (LA) 109 Km[/alert]

Non sono un popolo; ma una tribù molto numerosa lo sono di sicuro. Sono i centauri delle moto per antonomasia: le Harley Davidson.

Metto a tacere subito quelli che pensano che non mi va mai bene niente, e garantisco che la prossima volta che attraverso l’America lo farò senz’altro a cavallo di uno di questi mezzi mitici.

Si può affermare, usando un’immagine che si capisce in tutto il mondo, che una Harley Davidson sta alla highway, la autostrada americana, come il prosciutto di Parma sta alla piadina: semplicemente perfetto.

Detto questo, vediamo il perché. Intanto, una moto di questa marca ha praticamente le dimensioni e il peso di una macchina di piccola cilindrata. Il modello “Fat boy” (nomen omen), pesa a secco 323 chili, tanto per dare un’idea. Quindi, se il pilota perde leggermente l’equilibrio e la moto gli cade, occorre il carro attrezzi per rimetterla in strada.

La manutenzione è cara, almeno così mi dice chi la guida, perché ad ogni tagliando occorre serrare tutti i bulloni, altrimenti si perdono i pezzi per strada. Il consumo è quello di una petroliera di stazza media.

Capitolo decibel. Una Harley necessita di grandi spazi. La sentite arrivare da distanze inverosimili e la prima cosa a cui pensa l’orecchio non allenato, come era il mio all’inizio di questa avventura, è che stia tuonando in lontananza.

Poi il rumore si avvicina e ci si rende conto che non è un rombo, bensì una serie di esplosioni ritmate, che si succedono a intervalli regolari, un po’ come la salva di cannoni il giorno della festa della liberazione.

Per gli amanti delle corse in moto, dirò che le Harley mi hanno fatto andare indietro nel tempo, fino a quando Giacomo Agostini vinceva tutti i campionati possibili e immaginabili. Ricordo che quando correva a Imola, la sua MV Agusta si sentiva arrivare già da due curve prima della Tosa, dove ero appostato.

Poi si sentiva un’altra moto, che i tifosi locali, fini esegeti, avevano soprannominato “il Landini”, memori dell’omonimo trattore a testa calda il cui motore dava uno scoppio ogni tanto. Oggi fa ridere solo a dirlo, ma era una Ducati, guidata, se non ricordo male da un certo Baroncini, che arrivava sempre ultimo. Ecco, le Harley fanno esattamente quel rumore!

Capitolo spesa. Una Harley va dai 6.000 ai 20.000 dollari e passa.

Per cominciare.

Poi arrivano le spese vere, che consistono nella personalizzazione, ovvero nel renderla irriconoscibile e in ogni caso diversa da qualunque altra in circolazione.

Si cambiano il manubrio, i parafanghi, il parabrezza e le luci. Si ordinano le borse in pelle di caimano triste o di bufalo albino con borchie cromate o chiodate di rame, di palladio o di tungsteno dell’Himalaya.

Si modificano le sospensioni e si “bomba” il motore, che altrimenti è bolso come un cavallo con l’enfisema. Si montano degli pneumatici larghi come quelli di un TIR e da ultimo si sostituisce la sella con una poltrona Frau. Le banche sono molto contente di prestare soldi all’acquirente di una Harley, perché sanno di avere un cliente indebitato per la vita.

Poi c’è da comperare il guardaroba, e qui, ad essere sinceri, si può anche andare sull’usato, purché strano.

L’unico vero, grande risparmio è il casco, che non è obbligatorio in nessuno dei quattro stati che ho attraversato finora. E d’altra parte è giusto così. Il vero centauro Harley non metterà mai, dico mai, un casco in testa. Perché? Perché la testa si può, anzi si deve, fasciare solo con una bandana, di preferenza nera e arabescata con simboli esoterici, tipo teschi, pugnali, fulmini o corpi femminili.

Il look ha un solo, inimitabile modello: il gruppo rock degli ZZ Top. Per cui occorre avere:

– Barba lunga incolta, meglio se brizzolata. Bianca è il massimo.

– In alternativa, capelli raccolti a coda di cavallo, oppure cranio rasato per chi soffre di calvizie.

– Occhiale scuro obbligatorio, meglio se a specchio.

– Orecchino/i e/o collane che riprendono i motivi della bandana.

– Giubbotto rigorosamente di pelle, ma è ammesso lo scamosciato con frange, tipo Kit Carson.

– Pantalone di jeans; la pelle fa troppo fighetto e anche troppo caldo. Il jeans permette lo strappo in zona rotulea e la tasca posteriore sfondata, con portafogli che sembra sul punto di cadere e invece è tenuto su da una catena!

– Mezzi guanti in pelle nera. Borchie opzionali.

– Fazzoletto al collo opzionale, ma consigliato, in tono con la bandana.

– Catene e catenelle ciondolanti.

– Borchie un po’ dappertutto.

– Stivale in pelle, in tono con il colore della moto. A proposito, i puri e duri vogliono la Harley nera.

– Da ultimo, ma terribilmente importanti, i tatuaggi, specie sulle braccia. Se mettete su un manubrio alto (che a ogni pieno occorre il fisioterapista per sbloccarvi, ma per il mito questo e altro !), è cruciale che i tatuaggi siano fatti sul lato interno degli avambracci, così da essere ben visibili per chi vi incrocia!

Bardati in questa maniera, i centauri si presentano da McDonald assieme alle loro “girls” con delle ghigne da far paura: sguardo torvo, mascella protesa in avanti che quando piove l’acqua entra in bocca, passo deciso.

Ma qui casca inevitabilmente l’asino. Infatti il centauro e la sua girl (mai vedrete due uomini su una Harley!), hanno abbondantemente superato gli “anta”.

In certi casi, guardando i riporti della pelle, si potrebbe pensare che siano oltre gli “ento”, ma forse esagero. Lui è spesso oltre i 150 chili, lei gli sta a ruota. Le bocche serrate in una smorfia di disgusto nascondono voragini fra i molari e abbondanti otturazioni. E dietro gli occhiali le borse sotto gli occhi sono grandi come quelle della moto. E pure loro di pelle.

Morale della favola: non ho mai trovato dei padri e madri (anzi nonni) di famiglia più simpatici di questi viaggiatori Harley-muniti.

Basta avvicinarsi con circospezione e dire: “La sua moto è bellissima, posso fare una foto?” e loro, tempo tre secondi, si sciolgono, si tolgono la bandana e gli occhiali, ti raccontano quanto consuma, quanto costa, quanti chilometri fanno, quante volte rimangono a piedi. Ti direbbero tutto e ti darebbero tutto, fuorché l’Harley, ovviamente. Ti darebbero persino la “girl”.

Ma in quel caso è meglio la bicicletta !

Ps: Concorso a premi: Una delle foto ritrae un centauro finto-americano. Potrebbe trattarsi della foto di un uomo o di una donna. A voi trovarla. Il fortunato estratto vincerà un giro in Harley da S. Lorenzo di Lugo a Milano Marittima e ritorno.

La benzina e la piadina per il/la pilota ce li metto io.

Ppss: Domani tappa breve per recupero fisico e turismo. Giornata di riflessione per trovare nuovi argomenti da trattare. Se avete suggerimenti scrivetemi. E se non ne avete, scrivete lo stesso!

Forse il blog salterà un giorno.