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La fine della terra ?

Per capire che posto è Land’s End bisogna andarci, nel senso che è varie cose allo stesso tempo. Anzitutto è un angolo meraviglioso della Cornovaglia, situato proprio all’estremità di quella lunga penisola di granito che più o meno dappertutto strapiomba sull’oceano, lasciando pochissimo spazio alla spiaggia sabbiosa a cui sono abituato io. È un luogo protetto dal punto di vista ambientale, come del resto protetta è tutta la costa, dove si susseguono aree di interesse paesaggistico e faunistico, la cui tutela è affidata al National Trust, organizzazione potentissima a cui sono iscritti moltissimi britannici, che non esitano a sborsare una quarantina di sterline all’anno per proteggere monumenti, giardini, coste, palazzi e tesori assortiti.

Lontano lontano, la Statua della Libertà

Lontano lontano, la Statua della Libertà

È interessante osservare come la comune origine celtica abbia lasciato tracce importanti nella toponomastica di questa zona e del suo dirimpettaio francese: se da una parte abbiamo Land’s End, di fronte c’è il dipartimento di Finistère, dove le due parole significano la stessa cosa, cioè la fine della terra (il nostro latino “Finis terrae”). E anche i francesi vantano una regione della Bretagna che si chiama Cornovaglia. O forse Bretagna e Gran Bretagna non hanno nulla in comune?

Monte San Michele, Mont Saint-Michel o St. Michael's Mount?

Monte San Michele, Mont Saint-Michel o St. Michael’s Mount?

Il massimo l’ho visto questa mattina: di fronte alla località balneare di Marazion c’e un’isola che si può raggiungere a piedi durante la bassa marea. Ricorda in maniera impressionante un isolotto analogo al largo della costa normanna e guarda un po’: uno si chiama St. Michael’s Mount e l’altro si chiama Mont Saint-Michel. E un po’ di fantasia mai?

Ma dicevamo di Land’s End, che è anche, senza alcun dubbio, una fiorente impresa commerciale. Da un lato c’è una accozzaglia di negozi-trappola per turisti che vendono souvenir e prodotti gastronomici locali (sic), ma almeno sono nascosti alla vista da un bel muro bianco che non stona col paesaggio. Dall’altra c’è un albergo assolutamente valido, che offre un tocco di classe notevole: il letto delle camere che si affacciano sull’oceano è alto almeno un metro e venti e solo svegliandomi questa mattina, dopo aver rischiato di precipitare al suolo per tutta la notte, ho capito il perché: si può fare colazione appoggiando la schiena al cuscino e da lì, come novelli satrapi, si è più alti della finestra e si vede il mare in tutta la sua immensità. A queste condizioni, si perdona anche il fatto che il caffè che ti portano è semplicemente spaventoso.

Distanze in miglia

Distanze in miglia

Poi c’è il massimo del kitsch, a cui però nessuno, turista o ciclista che sia, ha la forza di opporsi: è la foto di rito davanti al palo che dà la distanza fra Land’s End e qualsiasi località al mondo. Ciò è possibile perché, dietro lauto compenso, il fotografo ufficiale compone il nome e la distanza della località che si vuole, scatta la foto e la spedisce a casa per posta. Avendo il sottoscritto già sborsato congruo balzello a sua maestà il fotografo, costui, unico autorizzato a scattare foto al palo chilometrico, ha accettato di fare una foto anche con la mia spregevole macchinetta digitale, e il risultato eccolo qua.

“Last, but not least, c’è un mini museo, che racconta ed enfatizza la storia dell’ End to end, cioè del viaggio che ho appena cominciato anch’io. Come museo non vale un fico secco, però serve per far capire una cosa che avevo sottovalutato, e cioè come questo viaggio sia diventato con il passare degli anni una vera e propria istituzione del paese, una specie di rito iniziatico per alcuni, una sfida con se stessi per altri e una occasione di fare beneficenza per la stragrande maggioranza dei partecipanti, che raccolgono fondi per iniziative caritatevoli.

A questo proposito, apro una parentesi per ricordare che, come nel caso del coast-to-coast americano del 2010, anche questa mia pazzia attuale vuole essere una maniera per aiutare Ruvuma onlus, una associazione di volontari che gestiscono un ospedale in Tanzania.

 

Diamo una mano!

Diamo una mano!

Spero che una breve visita al suo sito www.ruvuma.it servirà per sensibilizzare i lettori. E incoraggio chi vuole andare oltre a visitare la pagina delle donazioni (http://www.ruvuma.it/w/donazioni/)

Ma dicevamo del viaggio. Quella creatività che i Britanni di ieri come di oggi hanno lesinato nel trovare nomi geografici, è stata invece usata a piene mani per completare il percorso che unisce la Cornovaglia alla Scozia, ovvero la coda e la punta delle orecchie di quel coniglio che si riesce ad immaginare osservando, appunto con un po’ di fantasia, i contorni dell’isola. La traversata è stata fatta in tutte le maniere e con tutti i mezzi di locomozione possibili ed immaginabili e il libro Guinness dei record è pieno di casi omologati. Segue carrellata:

Porto la porta al porto. Poi torno.

Porto la porta al porto. Poi torno.

– A piedi (un mesetto)
– A piedi con una porta di legno sulle spalle
– A piedi completamente nudi
– Di corsa (9 giorni e due ore)
– Di corsa, ma correndo voltati all’indietro.
– In bicicletta (44 ore, 4 minuti e due secondi).
– In tandem, in monociclo, in triciclo e in pedalò
– In carrozzina da invalidi e in skateboard
– in moto, auto elettrica e ruspa Caterpillar
– Usando solo mezzi pubblici e in autostop
– Colpendo una pallina da golf lungo tutto il percorso, con annesso record di buca più lunga del mondo
– Spingendo un carrello della spesa
– Spingendo una lavatrice su ruote…

La fortuna è cieca, ma la sfida ci vede benissimo

La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo

Basta così?  O vogliamo parlare anche di quel poveretto che  a 500 metri dall’arrivo fa il fenomeno, carica la fidanzata sul manubrio, cade e non finisce la sua corsa perché finisce all’ospedale con un bel trauma cranico?

Ogni anno, le strade che Giulio Cesare progettò, Vespasiano costruì e Adriano difese si riempiono di umanità varia ed eventuale, che cerca con tutti i mezzi la consacrazione: uomini, donne, vecchi, giovani, bambini, professionisti, attori, atleti, nani, ballerine, celebrità ed emeriti sconosciuti. Sono stati segnalati anche UFO e legionari romani.
È giunta l’ora di mettere un po’ d’ordine.

Centurione Panzio Pelato, a rapporto!

La storia si ripete

La storia si ripete

 

Per Toutatis

Ricordo che quando al liceo il professore decideva di assegnarci come compito in classe una versione dal latino tratta dal “De bello gallico” di Cesare, un brusio di approvazione e di sollievo percorreva la scolaresca tutta. Il motivo è presto detto: sarebbe stata una versione facile, perché nella sua opera sicuramente più conosciuta Cesare usa una prosa chiara, lineare (oggi la definiremmo sobria), priva delle difficoltà e dei trabocchetti linguistici tipici di tanti autori classici. Poi c’era il vantaggio che si sapeva già come andava finire, nel senso che, come per gli eroi dei fumetti, alla fine vinceva sempre lui. Il fatto poi che scrivesse di sé sempre alla terza persona col pretesto di farsi spettatore delle proprie gesta, era un vezzo che gli perdonavamo volentieri.

Forza  Panzio

Forza Panzio

Il motivo di questa lunga premessa sta nel fatto che i libri IV e V del “De bello” sono in gran parte dedicati alle sue due spedizioni in Britannia. Oltre a magnificare le gesta militari con cui stabilisce una prima forma di controllo sulla parte sud-orientale del paese, Cesare si dedica a qualche considerazione sul popolo che sta affrontando e sul territorio che abita, con enfasi particolare sul tempo atmosferico, che da solo gli causa più perdite del nemico.
Riporto di seguito qualche estratto a mio modo di vedere significativo:

“Tra tutti i popoli della Britannia, i più civili in assoluto sono gli abitanti del Canzio (Kent), una regione completamente marittima non molto dissimile per usi e costumi dalla Gallia. Gli abitanti dell’interno, per la maggior parte, non seminano grano, ma si nutrono di latte e carne e si vestono di pelli. Tutti i Britanni, poi, si tingono col guado, che produce un colore turchino, e perciò in battaglia il loro aspetto è ancor più terrificante; portano i capelli lunghi e si radono in ogni parte del corpo, a eccezione della testa e del labbro superiore. Hanno le donne in comune, vivendo in gruppi di dieci o dodici, soprattutto fratelli con fratelli e genitori con figli; se nascono dei bambini, sono considerati figli dell’uomo che per primo si è unito alla donna…(libro V, 14)”

Nell’interno…ritengono empio assaggiare lepri, galline e oche; tuttavia le allevano per proprio diletto (voluptatis causa)… (libro V,12,6)

Seguirono parecchi giorni di ininterrotti temporali… (libro IV, 34,4)

La notte precedente era scoppiata una furiosa tempesta… (libro V 10,2)

Considerando la perdita di parecchi vascelli in seguito alla tempesta…(libro V, 23,2)

A metà di questo tragitto si trova un’isola di nome Mona… (libro V,13,3)

Panzio vede per la prima volta un Britanno nudo che lo attacca

Panzio vede per la prima volta un Britanno nudo che lo attacca

Ebbene, a più di duemila anni dal primo sbarco di Cesare, gli storici continuano ad interrogarsi sui cinque grandi misteri che ancora avvolgono la vita, gli usi e i bizzarri costumi di questa popolazione celtica:

Ammesso che le lepri servissero per scommettere sulle corse dei cani levrieri, cosa vuol dirci Cesare con “allevano oche e galline per proprio diletto (voluptatis causa)”?Parla delle penne che ornavano i cappellini delle regine tribali, o allude a pratiche di accoppiamento inconfessabili?
I capi tribù avevano il sangue blu perché si iniettavano il guado direttamente in vena, invece di spalmarselo?
E quando Augusto Daolio dei Nomadi cantava “Cielo grande, cielo blu”, riprendeva forse l’agghiacciante urlo di guerra dei Britanni: “Ce l’ho grande, ce l’ho blu”?
Guerrieri e casalinghe si depilavano usando una spada affilata (God shave the Queen) o si facevano la ceretta con strappo brutale?
I Celti che battezzarono l’isola di “Mona” erano di origine veneta o triestina?

Rarissima iscrizione celtica

Rarissima iscrizione celtica

Poi, fuori concorso, c’è la madre di tutti i misteri della storia: “Ma chi glielo ha fatto fare, a uno scaltro e prudente come Cesare, di invadere un paese dove, quando va bene, piove un giorno sì e l’altro pure, e quando non piove grandina?”

Alla stessa maniera, dopo che la Britannia ha goduto, dal 54 a.C. in poi, di oltre 400 anni di educazione gratuita alla civiltà romana e di altri 1600 anni di apprendimento a distanza, è giunto il momento di trovare risposta a cinque grandi domande, che potrebbero cambiare il corso delle nostre relazioni diplomatiche e commerciali con la odierna Albione. Eccole.

I Britanni del terzo millennio:

Si nutrono ancora di solo latte e carne o si sono convertiti alla dieta mediterranea?
Si vestono ancora di pelli o si sono evoluti verso il Made in Italy?
Si tingono ancora la pelle col guado per non bruciarsi a Ibiza, o lo usano solo per i tatuaggi?
Portano ancora i capelli lunghi e i baffi come Jesus Christ Superstar, o imitano Crozza?
Mettono ancora le donne in comune, o si limitano ad invitarle a cene eleganti?

Ecco, la riconquista della Britannia parte da qui.

Monumento a Alfredo Oriani

Monumento a Alfredo Oriani

Il poeta e mio conterraneo Alfredo Oriani, il cui monumento fa bella mostra di sé sul Colle Oppio a Roma, fu autore tra le altre cose di uno dei primi libri sul viaggio a due ruote: (La bicicletta, 1902). Scriveva Oriani: “Cento libri non vi daranno di un popolo quella conoscenza che otterrete consultandolo a viva voce in un mese…”

 

Brughiera di sera, bel tempo si spera

Brughiera di sera, bel tempo si spera

È esattamente quello che conto di fare a partire da domattina. Messe da parte le mie ricostruzioni storiche più o meno sgangherate e le velleità scherzose di riconquista “romana” mi inoltrerò in queste lande, novello Panzio Pelato appesantito e fuori forma, lungo strade secondarie, il più possibile lontane dal cuore pulsante e cosmopolita di Londra. Il mio vuole essere un semplice itinerario di scoperta, dettato dal caso e da una piccola guida cartacea, che ogni giorno mi aiuteranno a scegliere una strada, anzi, la mia strada. Spero di riuscire a conoscere un po’ meglio questo paese a cui devo già molto per motivi personali e che, a occhio e croce, ha molte cose da raccontarmi e da insegnarmi. Magari non nel campo della gastronomia (vedremo!), ma di sicuro in materia di tolleranza, di rispetto della persona e di difesa della natura.

God save the Queen. E anche Freddy Mercury.