Tag Archivio per: muro

Viva l’Europa

Carlisle-Selkirk. 54.5 miglia  8-8-2013

Carlisle-Selkirk. 54.5 miglia 8-8-2013

E così, a forza di pedalare verso nord, sono arrivato in Albania!

Già, perché con buona pace dei Romani, dopo la loro partenza (e per buona parte del Medioevo) non si parlò più di Caledonia. Tornò in voga il nome di origine gaelica con cui era conosciuto il territorio grosso modo a nord di Edimburgo: Alba! Da qui l’abitudine di parlare di Albania, o Albany.
Con un nuovo passaggio dal latino, emerse poi quella “Albione” che finì per identificare l’intera isola e a cui i francesi prima e il fascismo poi pensarono bene di associare l’aggettivo “perfida”.

Alba vi dà il benvenuto

Alba vi dà il benvenuto

Per complicare ancora un po’ le cose, è utile segnalare che quella che i Romani chiamavano “Hibernia” e oggi va sotto il nome di Irlanda, era conosciuta come Scozia, in quanto patria degli “Scoti”, o “Gaeli” (dal nome della lingua che parlavano, appunto il gaelico), che colonizzarono la Scozia attuale. Chiaro?

 

Selkirk-Edimburgo  45 miglia. 9-8-2013

Selkirk-Edimburgo 45 miglia. 9-8-2013

A parte le stranezze e le etimologie storiche, la sostanza del discorso è che ho finalmente superato il confine che separa l’Inghilterra dalla Scozia, pochi chilometri a nord del Vallo di Adriano. A questo proposito, per confermare che l’inglese vero non è quello delle dispense che si vendono in edicola, aggiungo al post di oggi un altro spezzone di Michael Young, l’inimitabile guida del forte di Vindolanda che spiega (credo) che i Romani non buttavano via niente degli animali che macellavano: le ossa servivano a fare la colla, il sangue a conciare la pelle, e via discorrendo. O forse parla di tutt’altro, ma questo è il bello del dialetto di Newcastle.  Per ascoltarlo, cliccate qui.

O no?

O no?

Sempre parlando del Muro, ancora un piccolo aneddoto. Helen, la guida al forte di Vercovicium (oggi noto come Housesteads), ha cominciato la visita chiedendo da dove venivano i partecipanti. C’erano molti inglesi e qualche scozzese; poi australiani e neozelandesi, sconvolti perché la cosa più vecchia che avevano mai visto fino a quel giorno era una foto della nonna, e infine c’ero io. Non ho resistito e quando mi ha chiesto di presentarmi ho detto, guardandomi attorno, che ero di Roma e che ero venuto a verificare lo stato della mia proprietà! Ovviamente l’ha presa sul ridere e mi ha nominato sul campo esperto di storia romana e suo assistente.

Prima di cominciare l’ultima parte del viaggio, che la guida giudica come la più difficile per via delle montagne e del clima piovoso (cominciamo bene), vale la pena fare una ultima considerazione sulla prima parte del percorso, in cui ho attraversato soprattutto il territorio inglese, sulla direttrice sud ovest-nord ovest.

Certi Celti...

Certi Celti…

La domanda che ormai tutti in Europa si pongono è di sapere se il Regno Unito rimarrà nell’Unione europea e, in subordine, se la Scozia resterà legata all’Inghilterra o sceglierà l’indipendenza (e eventualmente di restare nell’UE). Alla seconda domanda avremo in parte una risposta il 18 settembre dell’anno prossimo, giorno scelto per il referendum scozzese. Sulla prima questione invece, i pareri sono discordanti. Quel che è certo è che la campagna contro l’UE è condotta in maniera forsennata e costante e anche un po’ sleale dal mio punto di vista. Do un solo esempio, piccolo ma significativo di quello che intendo dire.

Qualche giorno fa scrivevo del campionato mondiale per incantatori di vermi (vedi: Vieni fuori, brutto verme!). Sulla pagina del sito che descrive la storia della competizione sta scritto che “le dimensioni delle parcelle di terreno sono aumentate da 3 iarde per 3 a 3 metri per 3, per conformarsi ai requisiti CEE”. Requisiti CEE? Se qualcuno mi trova copia di questi fantomatici requisiti, giuro che gli offro una cena a base di ostriche e champagne. È chiaro che chiunque legga questa affermazione senza sapere che è una gigantesca fesseria, si convincerà ancor più del fatto che l’Europa è inutile e che gli euroburocrati non hanno alcun diritto di interferire con l’habitat degli splendidi vermi britannici.

L'eccezione che conferma la regola

L’eccezione che conferma la regola

Buona parte della stampa ha poi preso la brutta abitudine di attribuire alla UE ogni sorta di nefandezza, presentando dati di fatto in maniera tendenziosa, oppure inventando scoop di sana pianta. Solo negli ultimi mesi, all’Europa è stata attribuita l’intenzione di:

1Imporre una tassa sulla carne che farà aumentare il prezzo del tradizionale arrosto domenicale.
2 Voler cambiare il sistema giudiziario del Regno Unito e controllare i suoi giornalisti
3 Fare una lista nera delle spiagge, in cui sarà vietato andare a nuotare
4 Vietare la vendita di marmellata con meno del 60% di zucchero
5 Vietare i profumi
6 Ridurre la potenza degli aspirapolvere
7 Finanziare film europei “noiosi”
8 Vietare alle parrucchiere di portare tacchi alti e gioielli mentre lavorano e

dulcis in fundo…

9 impedire alle chiese anglicane di cacciar via i pipistrelli che con i loro escrementi le rovinano più di quanto non avesse fatto Oliver Cromwell!

Mi fermo qua per carità di patria, ma poi non stupiamoci se qualcuno si forma un’opinione su fatti del genere e piazza sul parafango l’adesivo che ritraggo nella foto!

Amo l'Europa ma odio l'UE?

Amo l’Europa ma odio l’UE?

Comunque, se questo è il livello, mi adeguo anch’io.

Perché il Regno Unito possa restare nell’Unione europea, occorre porre fine ad alcuni fattori storicamente discriminanti nei confronti del resto del mondo. Due proposte legislative dell’Unione europea, in particolare, sono imprescindibili:

1 direttiva sul divieto d’uso della moquette e obbligo di parquet per i pavimenti. In tutti gli alberghi in cui sono transitato sembrava di camminare su uno strato di gommapiuma. Per fortuna non sono allergico a polvere e acari, ma solo un microbiologo saprebbe dirmi cosa stavo calpestando.

Crewe- Moquette d'albergo

Crewe- Moquette d’albergo

Per di più, in ogni singolo albergo inglese la moquette era di colore rosso, o una sua variazione. In Scozia è diventata verde, ma la sostanza non cambia. Vantaggio ulteriore: si potranno usare aspirapolvere meno potenti (vedi bufala n.6 qui sopra)

Moquette scozzese

Edimburgo – Moquette scozzese

2 regolamento che vieta da subito l’uso di rubinetti separati per acqua calda e fredda e impone l’uso del miscelatore. Adesso, per lavarsi la faccia si devono mettere le mani prima sotto l’acqua fredda, poi quella calda e sperare di indovinare le proporzioni. Se si sbaglia l’ordine, ci si ustiona. Il massimo della perfidia (ah, Albione!) l’ho fotografato per gli scettici: è il finto miscelatore, dove il flusso bollente e quello ghiacciato corrono paralleli ma distinti.

Caldo a sinistra, freddo a destra

Caldo a sinistra, freddo a destra

Da una parte una colata di lava, pochi millimetri più in là un fiume polare. L’effetto sulle mani è drammatico! Vantaggio collaterale: non ci sarà bisogno della laurea per fare la doccia. Ogni albergo ha un sistema diverso, e quando arrivo la sera devo districarmi fra manopole graduate con numeri rossi, frecce blu e interruttori, perché la maggior parte delle docce funziona con la corrente!

Evviva il dirigismo europeo!

E per i vermi, dimensioni minime del terreno: 4 metri per quattro!

Un calcio alla fortuna

“Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”. Questa citazione del grande Eduardo mi è venuta in mente ieri, mentre visitavo il museo di Vindolanda, famoso forte romano situato più o meno al centro del Vallo di Adriano. In una teca che conservava gli strumenti utilizzati dai medici dell’ospedale militare per cercare di rimediare alle ferite dei legionari, si trova anche un amuleto fallico di pietra, con tanto di spiegazione secondo la quale sarebbe servito a tenere lontano il malocchio!

Chiamarlo amuleto...

Chiamalo amuleto…

Ora, non è dato sapere se l’oggetto in questione fosse fatto stringere al paziente come portafortuna durante un’operazione, se gli venisse dato in testa a scopo anestetizzante o se se lo tenesse nella tunica il chirurgo, timoroso di sbagliare l’intervento. Resta il fatto che anche i Romani erano superstiziosi.

Il certificato...

L’amuleto porta il numero 13…

Ieri sera, poi, mi sono reso conto con una certa apprensione che stavo scrivendo il diciassettesimo post da quando ho iniziato questo viaggio. Si sa che il numero 17 è considerato un numero sfortunato; quello che forse si sa meno, è che secondo la maggior parte degli studiosi, questa superstizione sarebbe nata proprio nell’antica Roma, poiché era radicata la consuetudine di incidere sulle pietre funerarie la parola “VIXI”, che in latino significa “sono vissuto”. Fra i tanti possibili anagrammi di VIXI, l’unico numero che può uscire è XVII, appunto il numero 17, il quale sarebbe diventato così il numero della morte, ovvero il numero sfortunato per eccellenza. Un’altra ipotesi fa risalire il tutto alla terribile sconfitta della foresta di Teutoburgo dell’anno 6 d.C. in cui Publio Varo perse, oltre alla propria vita, anche tre intere legioni, la XVII, la XVIII e la XIX. Di conseguenza questi numeri non furono più attribuiti a nuove unità militari. Diciamo che vennero ritirati, un po’ come la maglia di Maradona a Napoli, e quello che più ne fece le spese nell’immaginario popolare fu il 17.
Ovviamente sono tutte superstizioni da non prendere in considerazione. Basta fare come me, e tenere a portata di mano quei due o tre amuleti che ogni persona sensata ha come naturali accompagnatori in ogni viaggio importante…

Resti del forte

Resti del forte

Ma dicevo del Vallo di Adriano. Certo, non è la Muraglia cinese, ma a me è piaciuto tantissimo. Il punto di partenza per la visita è la città di Carlisle (o meglio Luguvalium) che, detto fra parentesi, di suo non meriterebbe neanche il tempo di un caffè, tanto è insipida come città e completamente priva di carattere. Comunque, da qui parte un ottimo servizio di corriere che copre i 120 chilometri del muro originario e che, molto opportunamente, porta il nome di AD 122, cioè l’anno in cui cominciarono i lavori. Sei anni dopo, l’opera era praticamente completata: un muro largo 2-3 metri e alto 5, 80 fortini intervallati da torrette e altri 14 forti ausiliari. Un insediamento per i civili situato fuori da ogni forte, una strada militare e un fossato tra due grandi argini (questo è il “vallo” vero e proprio). E chissà quant’altro ho dimenticato.

Le latrine comuni

Le latrine comuni

Sono riuscito a visitare due forti nel corso della giornata e in entrambi casi ho avuto la fortuna di arrivare in tempo per la visita guidata condotta da volontari del National Trust, associazione benemerita di protezione del patrimonio. Inutile che stia a descrivere le rovine, ma due cose mi piace sottolinearle.

I forti del Vallo di Adriano non erano occupati da legionari (che erano per definizione cittadini romani), bensì da truppe ausiliarie, cioè da soldati dell’Impero che sarebbero diventati cittadini romani solo alla fine del periodo di leva, fissato a 25 anni. Ebbene, le guarnigioni dei forti che ho visitato avevano una composizione che è un manifesto anti-discriminazione. Da una parte c’erano Tungri e Batavi, che oggi chiameremmo Belgi e Olandesi, che avranno trovato anche condizioni atmosferiche molto simili a quelle delle Fiandre. Dall’altra parte, c’erano coorti di arcieri siriani e di cavalieri iracheni, e non oso immaginare lo spaesamento di uno abituato al deserto, che si ritrova a pattugliare in mezzo all’erba fradicia alta fino alle ginocchia. Il tutto avendo il latino come lingua franca e legionari romani come comandanti, inviperiti per essere stati mandati sul confine più umido dell’impero (a proposito di sfortuna).

The wall

The wall

La seconda cosa interessante è che le pietre squadrate usate per costruire il muro e tutti gli edifici circostanti sono state oggetto di un clamoroso furto di massa nel corso dei secoli, addirittura fino al secolo scorso. Basta osservare una qualsiasi fattoria, un qualunque villaggio nella zona circostante e si vede che fine hanno fatto quei blocchi di pietra calcarea estratti quasi 2.000 anni fa.
Ma la cosa più straordinaria è che, se non fosse stato per questa razzia, muro e edifici sarebbero in gran parte ancora in piedi, nonostante lo stato di abbandono, come testimoniano racconti di testimoni oculari di inizio ‘800! La spiegazione si trova in una recente ricerca dell’università della California, secondo la quale l’impasto cementizio utilizzato ai tempi dell’Impero era molto meglio di quello che sappiamo fare oggi. Era molto più resistente del cemento-tipo (Portland), che dopo una cinquantina d’anni comincia a sgretolarsi.

La torre di guardia

La torre di guardia

La cosa più divertente della visita, però, è stata la guida, che ha saputo dipingere l’architettura e la vita del forte in maniera così vivace da far dimenticare il suo accento del nord est dell’Inghilterra (accento “geordie”), che ad un orecchio non allenato può risultare particolarmente ostico. Ho registrato due spezzoni della sua performance, come monito a chi sta per visitare Newcastle. In bocca al lupo…

1 Ma quanti forti c’erano?
[youtube id=”kQHwCdEBRm8″ width=”600″ height=”360″]

2 Forti di ieri, forti di oggi
[youtube id=”dOTxHaiVW-A” width=”600″ height=”360″]

Ma da ultimo, mi piace ricordare che l’imperatore Adriano, oltre che per il Vallo, è passato alla storia per aver lanciato una moda: fu il primo a lasciarsi crescere la barba e la gran parte degli imperatori e del popolo romano lo imitarono per i centocinquant’anni seguenti.

Barbudos

Barbudos

C’è chi dice che lo facesse per nascondere la cicatrice di una ferita. Altri, più maliziosi, sostengono che lo facesse per sfuggire al tormento della rasatura quotidiana, che i “tonsor” di allora facevano con un semplice rasoio di ferro. Scrive Marziale in uno dei suoi epigrammi (VIII, 52)

«… Le stimmate che io porto sul mento
quante un grugno ne ostenta
di pugile in pensione, non mia moglie
me l’ha fatte, folle di furore,
con le sue unghie, ma il braccio
scellerato d’Antioco e il suo ferraccio…»

Per me, la spiegazione è un’altra. Adriano fece un po’ come Bergomi, che nell’82 si lasciò crescere i baffi. Adriano si lasciò crescere la barba perché sapeva che gli avrebbe portato fortuna. E infatti, riuscì in pieno nel suo intento di tenere a bada i Pitti.

E Bergomi vinse il Mondiale.

image

Ps: Chissà quanti campionati avrebbe vinto l’Inter se, quando comprò Adriano e lo chiamò “l’imperatore”, Moratti si fosse ricordato di fargli crescere la barba un po’ più lunga!

 

Ppss: Domani tappa lunga. Il blog riposa