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Se c’è il solleone e il caldo è ben tosto
puoi esser sicuro di stare in agosto
E dopo una birra, la quarta o la quinta,
non ci vuole niente che lei resti incinta.

Per questo motivo, è questo il messaggio,
parecchie persone son nate di maggio.
Potrai esser biondo, potrai esser moro,
ma nove su dieci il segno è del toro.

Sappiamo che un toro è testardo e tenace
vorrebbe far sempre quello che gli piace
Ma chi lavora con me, lo giuro su dio,
è libero di far… quel che voglio io !

Superstizioso, io non sono davvero,
però torno indietro se c’è un gatto nero
Oroscopo niente, non mi do la briga,
ma la nana con gobba per me porta sfiga.

Nel mese del toro c’è chi ha un vantaggio
ed è chi è nato il primo di maggio.
Pensate un momento a quanto è vile
vedere la luce il primo di aprile.

O gli altri ancora, che il lor compleanno
lo devono fare sempre a Capodanno?
C’è festa è vero, fan tutti baldoria
ma proprio per questo non è vera gloria.

Invece io dico, ripeto e mi onoro
di essere nato nel dì del lavoro
E a meno che uno non sia giù di testa,
per ventiquattr’ore non può non far festa.

C’è quello che dice: è una festa rossa
proletari del mondo, alla riscossa!
È vero, è giusto, ci sono anche quelli,
del resto non tutti si chiamano Agnelli.

Pur se oggi io qui fingo d’essere artista
chi mi conosce sa che son “comunista”…
Ma dopo che avrò letto il mio manifesto,
voi vi chiederete: Ma sogno o son desto?

Sì, voglio lottare per un ideale:
giustizia, uguaglianza, intesa sociale.
Sì, voglio un’ Europa che sento anche mia,
fatta di fratellanza e di armonia.

Ma io ho un sogno, forse un’utopia
per tutti nel mondo, persino la zia.
Che chiunque e dovunque non abbia denari
riesca lo stesso a comprar la Ferrari!

Di certo una cosa a Roma non manca,
è quella bestiaccia orrenda e mai stanca
ch’ ognun che la vede scatta e smoccola,
gridando a tutti: “Ce sta ‘na zoccola!”

Io che qui giunsi da una terra lontana
avevo già visto una pantegana.
Ma questa di Roma è un altro animale,
enorme, cattiva, è il modello imperiale.

La sua presenza, come poi vedremo,
risale ai tempi di Romolo e Remo.
E ‘sta bestia ispirò quel Vate sì fine,
che il “ratto” cantò, pur se delle Sabine!

Ricordo Cesare, che andando in Senato,
disse a Calpurnia: “È un dì fortunato!”
Ma quando un topaccio incrociò la sua biga,
lui disse sgomento: “Per me porta sfiga!”

Poi venne Nerone, poeta valente,
però un po’ nervoso e molto impaziente.
La sua soluzione era radicale,
bruciare i topi con la Capitale.

Provò Vespasiano, che non era un fesso,
facendo pagare una tassa sul cesso.
Ma i roditori, che non sono cicogne,
restaron tranquilli nelle loro fogne.

Poi viene Adriano, e fa :”Son sicuro,
risolvo il problema facendo un bel muro!
E se trovo topi al di qua dei confini
li sbatto in galera perché clandestini”.

Lui provò a venderla come una trovata
e tutti gli disser ch’era ‘na cazzata.
Ma ciò che allor fece un coglione nostrano
lo fa oggi un altro, però americano.

Pur se in questa città passarono in tanti,
nessuno trattò i problemi importanti.
Chigi o Borghese, Sforza o Orsini,
i topi di Roma fan sempre festini.

Poiché gira e volta le storie son quelle,
proviamo ad uscirne con i cinque stelle.
Se sorci e topacci li hai nei paraggi,
nessuna paura, ci pensa la Raggi.

Emilio Dalmonte 2017

Marziali, eleganti, all’occhio perfetti,

al pari di funghi, stan spesso in gruppetti.

Si posson trovare, voi sapete com’è,

non lontano dal bar, dove bevon caffè.

Raccontan giulivi al colto e all’inclìta

Dov’è tale strada, dov’è tal salita.

Dispensan consigli, da mane a sera,

di qua la vettura, di là la corriera.

Con gesti eleganti, che sembran la Fracci,

allontanano i rom, coperti di stracci.

D’incanto van via, sia pioggia sia neve,

se c’è troppo vento, o se il traffico è greve

Se poi San Silvestro vi è da festeggiare,

han tutti un malanno da farsi curare.

Ma il romano lo sa, è questo l’andazzo,

i vigili urbani non fan proprio un cazzo.

Emilio Dalmonte 2017

Ma Totti non c’entra

 

Polzeath-Launceston   37 miglia. 24-7-2013

Polzeath-Launceston 37 miglia. 24-7-2013

Quando, sul punto di giungere stremato alla fine dell’ennesima salita e della quinta giornata in sella, nel mio campo visivo periferico è sembrata passare l’immagine simbolo di Roma, cioè la lupa che allatta Romolo e Remo, ho pensato che la tradizionale colazione all’inglese della mattina fosse stata arricchita non dai soliti funghi coltivati, ma da una manciata di funghi allucinogeni messicani, che tanto andavano di moda prima che comparissero sul mercato le droghe sintetiche.

Launceston-Tiverton (Devon) 50 miglia. 25-7-13

Launceston-Tiverton (Devon) 50 miglia. 25-7-2013

 

Invece, dopo una rapida retromarcia e un vigoroso auto-schiaffeggiamento, ho constatato che era tutto vero. Ma cosa ci fa questa sfacciata esibizione di romanità in cima a Pen Hill, nella campagna verde del Somerset, a pochi chilometri dalla città di Wells? A prima vista, non c’entra niente. A seconda vista, nemmeno. È come se in una cittadina italiana a caso (non prendo Cotignola per non essere accusato di campanilismo), diciamo Ariano Irpino, sul campo sportivo dominasse una replica della statua di Nelson che si trova a Trafalgar Square!

Tiverton-Wells 67,8 miglia. 26-7-2013

Tiverton-Wells 67,8 miglia. 26-7-2013

La coincidenza era troppo invitante per potervi resistere, e così ho passato il mio giorno di riposo a cercare di risolvere il “mistero della statua”.
Alla fine non c’è voluto molto, nel senso che è bastato incontrare una persona che di quella statua conosceva tutta la storia: Tony D’Ovidio.

Allucinazione inglese

Allucinazione inglese

Tony è un imprenditore edile affermato, italiano di seconda generazione e molisano d’origine. Pur preferendo raccontarsi in inglese, va fierissimo dell’italianità della sua famiglia, ma allo stesso tempo è un protagonista riconosciuto della vita sociale di questa placida, per non dire sonnolenta, città del Somerset. La storia che mi racconta è notevole.

Durante la seconda guerra mondiale, molti soldati italiani vennero fatti prigionieri dagli inglesi vittoriosi, soprattutto a Tobruk, e vennero trasportati in campi di prigionia sparsi in tutto il paese. Uno di questi campi si trovava proprio a Wells e Tony mi ha mostrato alcune delle baracche che tuttora testimoniano l’evento. Alcune sono abbandonate, altre sono diventate nientemeno che una scuola elementare. Si vede che i prigionieri di guerra italiani non incutevano il terrore sacro, tant’è vero che durante la giornata erano autorizzati a lavorare, dietro compenso, nelle fabbriche, nelle miniere e nelle fattorie della zona. E i contatti con la popolazione locale si sono infittiti, al punto che, finita la guerra, una parte dei prigionieri, riacquistata la libertà, ha preferito rimanere sul luogo, che per alcuni era anche diventato il luogo del misfatto, come testimoniano le numerose famiglie miste italo-inglesi nate in quegli anni.

È proprio uguale

È proprio uguale

E la statua? Ebbene, un ex-prigioniero particolarmente dotato artisticamente preparò con cura lo stampo e fece la colata di cemento che ancora oggi, dopo l’opportuno restauro della D’Ovidio Bros, domina la vallata di Wells, e si offre, poggiata su due colonne di almeno quattro metri d’altezza, alla beata incomprensione di quasi tutti i frettolosi passanti. Per fortuna, una volta all’anno, da 18 anni a questa parte, il campo su cui è stata piazzata la statua diventa il luogo di una grande festa popolare, in cui italiani, inglesi, discendenti dei prigionieri e gente comune si incontrano per celebrare il rito pagano dell’amicizia e del rispetto. Antipasto di salumi, penne all’arrabbiata, porchetta, vino e tiramisu danno il loro piccolo, innegabile contributo!

Tony e Patricia

Tony e Patricia

Eppure, nella comunità c’è chi ha ancora ricordi di prima mano; come Patricia, oggi ottantaquattrenne e bambina all’epoca dei fatti. Mi guarda e mi dice che la guerra non è mai servita a niente, le ha portato via un fratello e ha causato solo tanta sofferenza. “Per fortuna che oggi non ci sono più guerre”, dice convinta e per parlare di come venivano trattati i prigionieri di guerra usa la parola “kindness” (gentilezza). È strano come la stessa parola (kindness) ricorra anche nella placca commemorativa che si trova ai piedi della statua. È un’aggiunta recente; è stata donata da un benefattore italo-canadese che non ha mai voluto rivelare il suo legame con il campo di prigionia e con questo apparente esempio di solidarietà e di umanità fattiva. Ma, evidentemente, la storia che racconta l’autore della placca non è diversa da quella che ho sentito io.

Scorcio di Wells

Scorcio di Wells

Dopo aver brillantemente risolto il mistero della statua romana di Wells, ho fatto il giro della città, famosa in tutto il mondo per la sua bella cattedrale medievale di impianto gotico, oggi anglicana.

La cattedrale (quella vera)

La cattedrale (quella vera)

Quello che molti non sanno è che a Wells c’è anche una chiesa cattolica molto bella e imponente, che va sotto il nome di St. Cuthbert. Ebbene, nel prato di fronte alla chiesa, due ignari turisti italiani, sbarcati da un camper megagalattico, commentavano con rabbia che il loro libro dava una descrizione totalmente errata della cattedrale e dei suoi tesori…
Peccato fossero davanti a St.Cuthbert, e non alla cattedrale, che è dall’altra parte della città!

Permesso?

Permesso?

Caro Tony, non è che con i tuoi operai puoi rimettere in sesto una di quelle baracche in disuso nel campo di prigionia? Avrei due candidati da affidarti per qualche anno.

Tanto, so che li tratterai con gentilezza.