G5 Saturday night fever
G 5 | Blythe – Salome (100 km)
Una storia da brivido
Scrivo un breve resoconto della giornata di sabato mentre mi trovo nella camera di un motel nella cittadina di Salome, 1690 abitanti.
La frase che ho appena scritto contiene due errori e un mistero.
Errore n° 1: Salome non è una cittadina, bensì 4 case, una stazione di servizio e un bar/ristorante.
Errore n° 2: questa non è una camera di motel, bensì dovrebbe figurare sulla copertina del libro “Come fare perché un turista non torni mai più”.
Il mistero è come fanno 1690 persone a vivere in 4 case.
Ma andiamo con ordine. Stamattina ho salutato i miei compagni di viaggio di ieri e ho attraversato il fiume Colorado, entrando così in Arizona e in un nuovo fuso orario. Vento laterale, a tratti contrario, in ogni caso molto fastidioso. Arrivo a Quartzsite (3.000 abitanti), borgo famoso perché attrae due milioni di persone ogni anno con i suoi mercatini dell’usato e le immense rivendite a cielo aperto di rocce e pietre più o meno preziose!
Ricco pranzo da Mcdonald e ricongiungimento col gruppo organizzato da Adventure Cycling. Dopo due giorni di incontri stradali, ormai ci salutiamo con affetto, riconoscendo la comune “follia” che ci ha spinto a cominciare questa avventura.
Poi affianco Karman, un canadese che gira stracarico con una bicicletta italiana (Vitali) e si rivela essere di ottima compagnia per tutto il resto della tappa.
In pratica, una giornata positiva sul piano sociale, splendida sul piano paesaggistico, mediocre sul piano logistico. Detto del sociale, confermo che il paesaggio è emozionante. Cominciano a comparire i cactus saguaro, che arrivano facilmente a misurare 5-6 metri di altezza e risaltano nella macchia desertica, fatta di piante e cespugli attualmente in fiore, e dai nomi esotici di creosote e ocotillo. Il tutto incorniciato da catene montagnose completamente brulle, dai colori molto drammatici.
Però la sensazione è che, rispetto alla California, l’atmosfera sia cambiata. La gente rimane gentile, per carità, ma tutto sembra più decadente, più vecchio, più trasandato; dalle automobili alle case, ai terreni, per non parlare del motel. Negozi chiusi, baracche qua e là e poca vita. Il movimento sembra concentrato sulla strada interstatale I-10, piena di autotreni in fila che sembrano scappare verso est. Come me!
Il ristorante, con annesso bar, di Salome (Cactus Restaurant Bar) è l’unico luogo di perdizione nel giro di 50 chilometri. Meriterebbe un film con regia di Tarantino, per la fauna che vi incontro.
Personaggi e interpreti.
Mentre entro, se ne va una famigliola triste di messicani.
Sono le 7 e 20. Il ristorante chiude alle 8! Sono ormai l’unico cliente.
Il cameriere, in realtà figlio della proprietaria, zoppica vistosamente. Dice che corre il campionato di quad della costa pacifica e quello del Messico. Finalmente ha uno sponsor. Ha anche una fidanzata italo-americana che sta a Phoenix, cioè a 200 chilometri, che di cognome fa Acerbi. Visto che devo passare di là, quasi quasi cerco l’indirizzo
La madre tiene il ristorante, ma è un’attività stagionale, visto che d’estate da queste parti ci sono 55 gradi all’ombra e non passa nessuno. Fa i lavori anche al motel. Segue il figlio sui campi di gara. Il cuoco ha la mia età, i capelli a treccia fino a metà schiena e porta una bandana da pirata modello Hell’s Angels. Di giorno fa il benzinaio e colleziona statue di rane.
Wayne è un avventore del bar, mi racconta due barzellette politicamente improponibili e corteggia due bruttezze locali che siedono al bancone, spalleggiato da due messicani che mi ricordano rispettivamente il sergente Garcia (quello di Zorro) e Topo Gigio. Ovviamente tutti ubriachi, e sono appena le 8 e mezzo di sera.
Domanda più che legittima: “Chi è l’assassino?” Non lo so, ma nel frattempo mi trovo di fronte a un ultimo mistero: la bottiglia della birra che ho bevuto a cena porta una menzione incomprensibile per me: cold activated bottle, letteralmente “bottiglia attivata dal freddo”. Cosa ci sarà dietro?
Svolgo una indagine discreta ma precisa presso i locali e scopro che il segreto è nell’etichetta: se la birra è fredda, le montagne disegnate sull’etichetta diventano blu. Dopo mezzora che la birra è a temperatura ambiente, l’etichetta ridiventa bianca. Un’invenzione perfettamente inutile, basta prendere in mano la bottiglia per sentire che è sottozero, in un paese che ha il culto del bere ghiacciato. La tecnologia al servizio della colite!
Apro un’ultima bottiglia mentre scrivo e vedo un’auto arrivare lentamente a fari spenti fin davanti alla porta della mia camera… Chiudo a doppia mandata e un brivido mi corre lungo la schiena.
Non è paura, ma, chissà perché, le montagne sull’etichetta sono diventate color blu notte…
Salute!