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Una cura per l’insonnia?

Cosa hanno in comune matematici, linguisti e ortopedici? Le pecore.
Vediamo perché.

Secondo le stime più recenti, nel Regno Unito ci sono circa 36 milioni di pecore e 63 milioni di abitanti, vale a dire circa una pecora e tre quarti per abitante. Se però consideriamo che l’80% della popolazione britannica vive in zone urbane, dove le pecore compaiono solo sotto forma di costolette o cosciotti, l’ordine di grandezza effettivo è di tre pecore per ogni abitante.

Un dodicimilionesimo del patrimonio ovino

Un dodicimilionesimo del patrimonio ovino

Non è una grande scoperta, anzi, girando per la Britannia in bicicletta uno ha l’impressione che le pecore al pascolo siano ancor più numerose, tante e tali sono le greggi che punteggiano le infinite colline di ogni regione di questo paese, e contribuiscono, assieme a piogge abbondanti, a fertilizzare gratis milioni di ettari di terreno. Mucche e cavalli fanno il lavoro di complemento.

Pink Floyd - Atom Heart Mother - B side

Pink Floyd – Atom Heart Mother – 1970

Il numero di 36 milioni di capi è il risultato di un conteggio molto accurato, un vero e proprio censimento, che ha coinvolto tutti i pastori, o allevatori che dir si voglia, del regno.
Durante la tappa di ieri, mi sono fermato sul lato della strada a parlare con uno di questi allevatori dello Yorkshire, che stava trasferendo un certo numero di animali su un nuovo pascolo. Sarà che non aveva fretta, sarà che non gli capita spesso di parlare del suo lavoro, insomma, siamo rimasti a chiacchierare per una ventina di minuti. Mi ha raccontato che questa è la stagione in cui si svezzano gli agnelli, si è lamentato del tempo, dei costi del mangime e dell’insilamento del fieno. Poi ha cominciato a contare gli animali che uscivano dal camioncino. Ed è a quel punto che le mie orecchie da linguista si sono rizzate, nel sentire una specie di filastrocca, che suonava più o meno così: Yan, Tyan, Tethera, Methera… Ma che razza di lingua era?

Transumanza

Transumanza

Mi ha spiegato, ridendo, che la cosa più importante per un allevatore è di sapere con precisione quanti animali possiede e quello è il modo tradizionale di contare le pecore, che lui ha imparato da suo padre e che usa al mercato, ma che purtroppo suo figlio ha ormai abbandonato in favore del metodo inglese “moderno”. Sempre più perplesso, ho cercato di capirne di più, ma non sono andato oltre la rivelazione che ogni vallata ha una sua versione particolare di questa “contabilità” animale. E lui conosce quella di Kirkby Lonsdale.

Studiando un po’ la questione, sono arrivato ad una scoperta per me stupefacente.
Risulta, infatti, che esiste tuttora un sistema di numerazione usato per contare le pecore (e i punti del lavoro a maglia) che risale nientemeno che alla cosiddetta lingua “britonica” (celtica) ancestrale, che ha dato origine, inter alia, alle lingue parlate in Cornovaglia, Bretagna, Galles e Cumbria. Il sistema è perlomeno curioso.

Kirkby Lonsdale

Kirkby Lonsdale

Intanto è basato su una serie di rime, che comprendono gruppi di due numeri alla volta. Perciò, nella contabilità dei pastori di Kirkby Lonsdale succede questo:
Uno fa rima con due : Yaan – Tyaan
Tre fa rima con quattro : Taed’ere – Maed’ere
Sei fa rima con sette: Haites – Saites
Otto fa rima con nove: Haoves – Daoves
Cinque (Mimp) e dieci (Dik) sono a parte.

Traducendo la numerazione in italiano da undici fino a venti, il risultato sarebbe:
Uno dieci
Due dieci
Tre dieci
Quattro dieci
Quindici
Uno quindici
Due quindici
Tre quindici
Quattro quindici
Venti

Yorkshire Dales. Base di muro

Yorkshire Dales. Base di muro

Riassumendo, è un sistema basato sul numero 20 (e sul numero cinque), ma a differenza di tanti altri casi del genere già noti nell’antichità, non conosce nessun termine per indicare quantità superiori a 20. Quindi, se si deve contare un gran numero di pecore, il sistema funziona sommando il numero di volte che si arriva a contare venti capi.

E come si fa a non dimenticare quante volte si è contato fino a venti?
Si usano le dita di una mano, dove le dita assumono un diverso valore a seconda della loro posizione:
Dito in estensione = 2
Dito piegato ad angolo retto = 1
Dito “chiuso” = 0

Yaan - Tyaan

Yaan – Tyaan

Evidentemente, a forza di stare sui pascoli per secoli, i pastori britannici hanno avuto tutto il tempo di mettere a punto un sistema assolutamente infernale, che, però permette, così dicono, di contare fino a 399 pecore con due mani!

Unica controindicazione: mai usare il sistema celtico della conta delle pecore in caso di insonnia: finisce che si sta svegli, perché se si rilassa un dito crolla tutto il calcolo!

Dimenticavo. E gli ortopedici cosa c’entrano con tutti questi calcoli?
A prima vista non molto, ma in realtà svolgono un ruolo assolutamente fondamentale.

Provate voi a contare le pecore di un gregge con un dito rotto. O con l’artrite!

Guerriero danese ferito (ricostruzione)

Guerriero danese ferito (ricostruzione)

Ps : Qualche secolo di scorrerie e di dominio vichingo non ha contribuito alla logicità del sistema numerico vigesimale, anzi. Basti pensare che se un danese di oggi vuole esprimere, ad esempio, la cifra 57 (tra l’altro, anno di nascita di un mio amico carissimo), è obbligato a scrivere: sette più due e mezzo moltiplicato venti. Povere pecore danesi!

Sonata in Re maggiore per forcone

 

Ironbridge-Crewe. 46 miglia. 1-8-2013

Ironbridge-Crewe. 46 miglia. 1-8-2013

Ho deciso che la mia guida di viaggio non vale un fico secco, per cui stamattina ho fatto esattamente il contrario di quello che mi suggeriva. La questione riguarda sostanzialmente il tipo di strada da seguire, con la guida che regolarmente suggerisce le cosiddette strade minori, evitando quelle che da noi sarebbero le statali e le provinciali. Sulla carta tutto bene, ma nella pratica le strade minori presentano due grossi inconvenienti: sono mal segnalate, e soprattutto non hanno una corsia di emergenza o perlomeno uno spazio di sicurezza al lato della carreggiata.

Strada con siepi

Strada con siepi

Spesso, soprattutto in Cornovaglia, Devon e Somerset, la guida mi ha fatto percorrere le cosiddette “lanes”: si tratta di strade di campagna strettissime, con spazi appositi perché due macchine si possano dare strada. Se ci si incontra a metà, uno dei due deve fare marcia indietro. Ovviamente, se uno impara a guidare da queste parti saprà guidare in qualunque circostanza. Intendiamoci: queste “lanes” sono bellissime e decisamente caratteristiche del sud-ovest. Sono dei veri e propri monumenti storici, nel senso che tutte sono ultracentenarie, parecchie sono medievali e alcune risalgono addirittura a oltre 3.000 anni fa, cioè all’eta della pietra. Fondamentalmente si tratta di un terrapieno, a volte delimitato da un muro a secco, sul quale cresce fino ad una altezza di 2 o 3 metri una varietà incredibile di piante, fiori e arbusti, che costituiscono un vero e proprio paradiso della biodiversità. Vengono usate per definire le proprietà, delimitare i campi e impedire al bestiame di uscirne. Si calcola che nel solo Devon ce ne sia un totale di 53.000 chilometri! Sono praticamente sacre.

Spiraglio

Spiraglio

Però percorrerle in bicicletta è un altro paio di maniche. Seguono il contorno del terreno e di conseguenza sono piene di curve cieche e presentano pendenze assurde per un ciclista. E, come dicevo prima, sono pericolose, perché non permettono la visibilità e non lasciano spazio all’errore.

Per questo motivo, stamattina ho deciso che la mia sicurezza val bene il romanticismo delle “lanes” e ho preso una bella statale, con ampia carreggiata di emergenza, che per di più aveva l’innegabile vantaggio di essere livellata e di limitare i saliscendi al minimo indispensabile. L’unico inconveniente è stata, udite udite, una foratura. Ebbene sì, non ho forato una sola volta attraversando gli Stati Uniti, ma stamattina una sottile punta di acciaio è riuscita a oltrepassare il mezzo centimetro di corazza dei miei pneumatici e mi ha causato un’oretta di ritardo. Poco male.

Il primo ponte di ferro

Il primo ponte di ferro

Ero partito da Ironbridge, amena località che deriva il suo nome (Ponte di Ferro) dal fatto che proprio qui, sul fiume Severn, venne costruito nel 1779 il primo ponte di ferro della storia, consacrando in qualche maniera l’inizio della Rivoluzione industriale che, proprio con lo sviluppo della metallurgia su larga scala, ha rivoluzionato la storia dell’umanità.

Oggi, con la crisi conclamata dell’industria pesante, Ironbridge si è convertita soprattutto al turismo archeologico, con tutta una serie di attività musicali dedicate, che attirano nelle antiche fonderie una folla interessata di turisti e, in egual misura, di nostalgici.

Paesaggio idillico

Paesaggio idillico

Il punto d’arrivo della giornata, invece, è la cittadina di Crewe, nella contea del Cheshire. Occorre spendere due parole su questo posto, perché se appena appena accennate ad un inglese qualunque il nome di questa città, si metterà a ridere. Per un motivo che nessuno ha saputo spiegarmi, Crewe è diventata lo zimbello del paese, l’oggetto o almeno l’ambientazione di ogni barzelletta. Nessun inglese che si rispetti verrà mai da queste parti, se non per lavoro. Come turista, mai, e si può capire. Da quando ho lasciato il sud-ovest, la mia vita di ciclista è migliorata, ma il paesaggio è cambiato in peggio: colline basse, pianura noiosa, coltivazioni estensive di cereali, cittadine bruttarelle.

High street...

High street…

Non a caso, siamo nelle “Midlands” in quelle “terre di mezzo” che alternano grandi distese agricole a importanti concentrazioni urbane come quella di Birmingham, da dove sarò costretto a passare tra qualche giorno.
Comunque, sono arrivato da queste parti dopo un centinaio di chilometri fatti negli ultimi giorni costeggiando le rive del grande fiume Severn, e voglio vedere i lati positivi anche di Crewe. Certo, una città nata ufficialmente nell’ 800 come “colonia ferroviaria” non avrà mai un grande fascino storico-culturale, ma tant’è: accontentiamoci del fatto che è stata fabbrica delle Rolls Royce fino ad una decina di anni fa, mentre oggi produce esclusivamente le Bentley. Meglio di niente.

E poi sarei matto io...

E poi sarei matto io…

Chiudo con la spiegazione del titolo di questo post, che è una storia fra il simpatico e il demenziale, con forte propensione per il secondo. E questo è stato motivo sufficiente per farmi deviare dal percorso previsto.
A pochi chilometri da Crewe c’è un villaggio residenziale che va sotto il nome di Walliston.
E cosa si sono inventati gli astuti abitanti di questo posto, che altrimenti sarebbe originale come una giornata di pioggia?

Dal 1980, in un campo che appartiene alla locale scuola elementare, qui si tiene il campionato mondiale degli incantatori di vermi. Oh, yes!

Il quadrato magico

Il quadrato magico

Ad ognuno dei 144 concorrenti viene assegnato con sorteggio un appezzamento di terreno di tre metri per tre. L’obiettivo è quello di far uscire dal terreno e catturare il numero più alto possibile di vermi usando ogni tipo di “musica”, cioè di vibrazione. Nel corso degli anni, lo strumento più efficace si è rivelato essere il forcone, o forcale che dir si voglia, con tre o quattro denti. A questo punto, è la tecnica individuale, affinata in lunghi mesi di esercizio, che prende il sopravvento.

C’è chi pianta i rebbi nel terreno per una quindicina di centimetri e li percuote con un diapason, c’è chi percuote ritmicamente il manico del forcone con oggetti diversi, c’è chi “suona” il manico come se fosse la corda di un violoncello, c’è chi pianta i picchetti di una tenda e “suona” i tiranti… Durante i 30 minuti di gara, salvo supplementari in caso di parità, i vermi vengono fuori di corsa perché pensano stia suonando l’allarme atomico. Insomma, spazio alla creatività e… vai col liscio!

Bracconiere

Bracconiere

Il regolamento ufficiale prevede regole e sanzioni. Vieta ad esempio lo spargimento di acqua sul terreno: è considerato doping.
E i concorrenti schifiltosi che non vogliono toccare i vermi, possono nominare un assistente, un accalappiavermi, per così dire!

Qualche statistica:
Record mondiale per il numero di vermi catturati: 567 (anno 2009)
Record mondiale per il verme più pesante: 12,08 grammi (anno 2011)

 

Il ricco premio

Il ricco premio

Il WWF ha cercato inutilmente di bloccare il campionato, sostenendo che i vermi subiscono un trauma acuto ai loro organi, pur primitivi, preposti all’udito. Tra i postumi accertati sugli esemplari esaminati, il WWF segnala casi di cefalea, insonnia, tachicardia, attacchi di panico, gastriti, stanchezza acuta, irritabilità e difficoltà di concentrazione.

La giuria popolare ha abbozzato. Ha rigettato il ricorso del WWF, stabilendo al contempo che i vermi “incantati” vanno liberati la sera stessa della gara, però al tramonto, dopo che pollame e uccelli si sono appollaiati per la notte.

Se no, sai che festino!

Dulcis in fundo

Dulcis in fundo

Ps: Sul caso del ricorso in Cassazione contro la condanna della “pork pie” per frode alimentare, la Corte, pur considerando che quella artigianale è migliore, ha confermato la condanna a quattro anni. Quanto alla pena accessoria dell’interdizione dalla pubblica esposizione in vetrina, il giudizio è rinviato.

Per Toutatis

Ricordo che quando al liceo il professore decideva di assegnarci come compito in classe una versione dal latino tratta dal “De bello gallico” di Cesare, un brusio di approvazione e di sollievo percorreva la scolaresca tutta. Il motivo è presto detto: sarebbe stata una versione facile, perché nella sua opera sicuramente più conosciuta Cesare usa una prosa chiara, lineare (oggi la definiremmo sobria), priva delle difficoltà e dei trabocchetti linguistici tipici di tanti autori classici. Poi c’era il vantaggio che si sapeva già come andava finire, nel senso che, come per gli eroi dei fumetti, alla fine vinceva sempre lui. Il fatto poi che scrivesse di sé sempre alla terza persona col pretesto di farsi spettatore delle proprie gesta, era un vezzo che gli perdonavamo volentieri.

Forza  Panzio

Forza Panzio

Il motivo di questa lunga premessa sta nel fatto che i libri IV e V del “De bello” sono in gran parte dedicati alle sue due spedizioni in Britannia. Oltre a magnificare le gesta militari con cui stabilisce una prima forma di controllo sulla parte sud-orientale del paese, Cesare si dedica a qualche considerazione sul popolo che sta affrontando e sul territorio che abita, con enfasi particolare sul tempo atmosferico, che da solo gli causa più perdite del nemico.
Riporto di seguito qualche estratto a mio modo di vedere significativo:

“Tra tutti i popoli della Britannia, i più civili in assoluto sono gli abitanti del Canzio (Kent), una regione completamente marittima non molto dissimile per usi e costumi dalla Gallia. Gli abitanti dell’interno, per la maggior parte, non seminano grano, ma si nutrono di latte e carne e si vestono di pelli. Tutti i Britanni, poi, si tingono col guado, che produce un colore turchino, e perciò in battaglia il loro aspetto è ancor più terrificante; portano i capelli lunghi e si radono in ogni parte del corpo, a eccezione della testa e del labbro superiore. Hanno le donne in comune, vivendo in gruppi di dieci o dodici, soprattutto fratelli con fratelli e genitori con figli; se nascono dei bambini, sono considerati figli dell’uomo che per primo si è unito alla donna…(libro V, 14)”

Nell’interno…ritengono empio assaggiare lepri, galline e oche; tuttavia le allevano per proprio diletto (voluptatis causa)… (libro V,12,6)

Seguirono parecchi giorni di ininterrotti temporali… (libro IV, 34,4)

La notte precedente era scoppiata una furiosa tempesta… (libro V 10,2)

Considerando la perdita di parecchi vascelli in seguito alla tempesta…(libro V, 23,2)

A metà di questo tragitto si trova un’isola di nome Mona… (libro V,13,3)

Panzio vede per la prima volta un Britanno nudo che lo attacca

Panzio vede per la prima volta un Britanno nudo che lo attacca

Ebbene, a più di duemila anni dal primo sbarco di Cesare, gli storici continuano ad interrogarsi sui cinque grandi misteri che ancora avvolgono la vita, gli usi e i bizzarri costumi di questa popolazione celtica:

Ammesso che le lepri servissero per scommettere sulle corse dei cani levrieri, cosa vuol dirci Cesare con “allevano oche e galline per proprio diletto (voluptatis causa)”?Parla delle penne che ornavano i cappellini delle regine tribali, o allude a pratiche di accoppiamento inconfessabili?
I capi tribù avevano il sangue blu perché si iniettavano il guado direttamente in vena, invece di spalmarselo?
E quando Augusto Daolio dei Nomadi cantava “Cielo grande, cielo blu”, riprendeva forse l’agghiacciante urlo di guerra dei Britanni: “Ce l’ho grande, ce l’ho blu”?
Guerrieri e casalinghe si depilavano usando una spada affilata (God shave the Queen) o si facevano la ceretta con strappo brutale?
I Celti che battezzarono l’isola di “Mona” erano di origine veneta o triestina?

Rarissima iscrizione celtica

Rarissima iscrizione celtica

Poi, fuori concorso, c’è la madre di tutti i misteri della storia: “Ma chi glielo ha fatto fare, a uno scaltro e prudente come Cesare, di invadere un paese dove, quando va bene, piove un giorno sì e l’altro pure, e quando non piove grandina?”

Alla stessa maniera, dopo che la Britannia ha goduto, dal 54 a.C. in poi, di oltre 400 anni di educazione gratuita alla civiltà romana e di altri 1600 anni di apprendimento a distanza, è giunto il momento di trovare risposta a cinque grandi domande, che potrebbero cambiare il corso delle nostre relazioni diplomatiche e commerciali con la odierna Albione. Eccole.

I Britanni del terzo millennio:

Si nutrono ancora di solo latte e carne o si sono convertiti alla dieta mediterranea?
Si vestono ancora di pelli o si sono evoluti verso il Made in Italy?
Si tingono ancora la pelle col guado per non bruciarsi a Ibiza, o lo usano solo per i tatuaggi?
Portano ancora i capelli lunghi e i baffi come Jesus Christ Superstar, o imitano Crozza?
Mettono ancora le donne in comune, o si limitano ad invitarle a cene eleganti?

Ecco, la riconquista della Britannia parte da qui.

Monumento a Alfredo Oriani

Monumento a Alfredo Oriani

Il poeta e mio conterraneo Alfredo Oriani, il cui monumento fa bella mostra di sé sul Colle Oppio a Roma, fu autore tra le altre cose di uno dei primi libri sul viaggio a due ruote: (La bicicletta, 1902). Scriveva Oriani: “Cento libri non vi daranno di un popolo quella conoscenza che otterrete consultandolo a viva voce in un mese…”

 

Brughiera di sera, bel tempo si spera

Brughiera di sera, bel tempo si spera

È esattamente quello che conto di fare a partire da domattina. Messe da parte le mie ricostruzioni storiche più o meno sgangherate e le velleità scherzose di riconquista “romana” mi inoltrerò in queste lande, novello Panzio Pelato appesantito e fuori forma, lungo strade secondarie, il più possibile lontane dal cuore pulsante e cosmopolita di Londra. Il mio vuole essere un semplice itinerario di scoperta, dettato dal caso e da una piccola guida cartacea, che ogni giorno mi aiuteranno a scegliere una strada, anzi, la mia strada. Spero di riuscire a conoscere un po’ meglio questo paese a cui devo già molto per motivi personali e che, a occhio e croce, ha molte cose da raccontarmi e da insegnarmi. Magari non nel campo della gastronomia (vedremo!), ma di sicuro in materia di tolleranza, di rispetto della persona e di difesa della natura.

God save the Queen. E anche Freddy Mercury.

 

La storia ci impara…

Da una parte l’Arazzo dell’Apocalisse, realizzato alla fine del ‘300 e oggi custodito nel castello di Angers, dove è esposto in una sala che può accogliere per intero i suoi 103 metri di lunghezza.

Arazzo dell'Apocalisse

Arazzo dell’Apocalisse

Dall’altra parte i Britanni, che nel 55 a.C. osservarono sbigottiti l’arrivo delle ottanta navi della prima flotta romana che, al comando di Giulio Cesare, avesse mai osato attraversare quello che allora si chiamava Oceano Occidentale.

Cosa possono mai avere in comune una tappezzeria medievale e un intero popolo di origine celtica?
L’anello di congiunzione è il colore blu, o più precisamente indaco, che veniva e viene tuttora estratto da una pianta delle Brassicacee dai fiori gialli conosciuta con il nome di guado (isatis tinctoria). La differenza sta tutta nell’uso: mentre gli artigiani francesi e fiamminghi della corte d’Angiò lo usarono come colorante vegetale per tingere la lana con cui realizzare la trama e l’ordito di un’opera d’arte unica, i fieri guerrieri britannici se lo spalmavano con dovizia su tutto il corpo allo scopo di terrorizzare i loro nemici, contro cui si scagliavano nudi e urlanti, per ingaggiare furiosi corpo a corpo.

Cassivellauno (Replica)

Cassivellauno (Replica)

Ora, non è dato sapere con precisione cosa pensassero i rudi legionari romani di questa mostra improvvisata di body art e di baldanzoso esibizionismo virile. Resta il fatto che quando i Britanni si sporsero dal balcone delle bianche scogliere di Portus Dubris (Dover) e misero in mostra tutta l’artiglieria, reale e figurata, con cui minacciavano di accogliere le sue legioni, il buon Cesare pensò, se così posso esprimermi, di coprirsi bene le spalle, e veleggiò ancora un po’ lungo la costa del Cantium (Kent) finché non trovo una spiaggia più adatta allo sbarco.

Era il 23 agosto dell’anno 55 a.C. Il luogo dello sbarco, in assenza di reperti archeologici, è stato a lungo contestato. Ormai pare assodato che la spiaggia prescelta fosse vicina al Castello di Deal, a nord est di Dover, dove oggi una lapide marmorea fa bella mostra di sé.

Seguì una breve campagna dimostrativa, mentre l’anno successivo Cesare organizzò una spedizione ben più consistente. Dal porto di Izio (Boulogne) salpò alla testa di ben 600 navi da carico e 28 navi da guerra, che trasportarono cinque legioni (circa 25.000 uomini) e 2.000 cavalieri verso quell’isola misteriosa, su cui aleggiavano storie fantastiche di paludi nebbiose abitate da mostri e di druidi cattivissimi intenti a fare sacrifici umani con cui garantire ai guerrieri il favore degli dei.

 

Memoriale

Memoriale

Per nulla impressionato dalle superstizioni, Cesare
soffocò la rivolta di Cassivellauno, re della tribù dei Trinovanti; così i Britanni furono costretti ad accettare la sottomissione, a pagare un tributo annuale e a consegnare molti ostaggi, prima che la campagna terminasse con l’arrivo dell’inverno. È interessante rileggere la descrizione sommaria che di questa spedizione fa Plutarco nelle sue Vite parallele: “La campagna richiese due traversate e molte battaglie, con cui Cesare arreco più danni ai nemici che vantaggi ai propri uomini, poiché non vi era nulla che mettesse in conto di portar via a quella gente infelice e miserabile.

Fu forse per questo motivo che per assistere ad una vera invasione della misteriosa Britannia si dovrà aspettare quasi un secolo, cioè fino a quando l’imperatore Claudio, il cui problema principale non si sa se fosse la balbuzie o la moglie Messalina, decise di fare ciò che non era riuscito nemmeno al divo Cesare: spostare definitivamente verso nord il limes dell’impero, sottomettendo una volta per tutte quelle popolazioni autoctone così riottose.

C’è da dire che i Celti in generale non erano propriamente dei sostenitori dell’unità nazionale, per cui esistevano più tribù-nazioni britanniche che correnti nel Partito Democratico di oggi. E per di più sembravano fare a gara a chi avesse il nome più ridicolo. Proviamo ad adattare un nostro proverbio a quell’epoca: “Meglio un Trinovante morto che un Catuvellauno alla porta” . Ma si può ?

Le correnti del PC (Partito Celtico)

Le correnti del PC (Partito Celtico)

Comunque sia, l’imperatore Claudio prese a pretesto la richiesta di aiuto di un reuccio locale per inviare sull’isola ben quattro legioni e 20.000 soldati ausiliari al comando del senatore Aulo Plauzio.

Alla spedizione partecipò anche il futuro imperatore Vespasiano in qualità di legato, cioè come comandante della II Legione Augusta. Mi piace ricordare questa circostanza, perché Vespasiano fu sicuramente il massimo artefice delle prime avanzate romane; e un autore britannico contemporaneo, Simon Scarrow, ha ambientato parecchi dei suoi ottimi romanzi storici proprio tra i ranghi della II Legione durante le prime fasi della conquista della Britannia. Da ultimo, va anche ricordato che, ridendo e scherzando, la Britannia rimase “romana” per circa 400 anni, fino a quando la decadenza economica e militare dell’impero di Occidente non consigliò a Costantino III di togliere il disturbo.

E pensare che se le cose fossero andate diversamente, oggi a Londinium (Londra) la gente parlerebbe una variante comprensibile dell’italiano, magari con una costruzione curiosa delle frasi e con una pronuncia tipo Ollio doppiato da Alberto Sordi. E la BBC (Blaterante Britannica Compagnia) suonerebbe più o meno così: “Buona mattina! È il BBC Mondiale Servizio. Questo è le notizie: Signora Margherita Impagliatori (Margaret Thatcher) è morta oggi. Lei era 88 anni vecchia”.

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Per questo, con il pensiero a Vespasiano e con il gagliardetto della sua legione appeso alle sacche, sto per cominciare uno dei miei viaggetti in bicicletta, che questa volta mi porterà dunque ad attraversare la Gran Bretagna.

Missione segreta

Missione segreta

È l’itinerario che da queste parti chiamano End-to-end, una specie di coast-to-coast de noantri.

 

Ad essere precisi, partirò da Land’s End, alla estremità sud-occidentale della Cornovaglia, per giungere John o’Groats, alla estremità nord-orientale della Scozia, e quindi dell’isola tutta. Non allego subito una cartina geografica del viaggio, perché il percorso non è “codificato”, nel senso che si può prendere qualunque strada si desideri: l’importante è arrivare a destinazione.

In termini storico-militari, mi infiltrerò nel territorio dei Dumnoni e da lì arriverò fino alla Caledonia dei Pitti e degli Scoti. L’obiettivo è scoprire i punti deboli dei discendenti delle tribù celtiche nemiche di Roma ( e dell’Unione europea) e organizzare segretamente un’impresa che cambierà il corso della storia:

la riconquista della Britannia!

Tutto cominciò così

Tutto cominciò così