Vieni fuori, brutto verme!
Sonata in Re maggiore per forcone
Ho deciso che la mia guida di viaggio non vale un fico secco, per cui stamattina ho fatto esattamente il contrario di quello che mi suggeriva. La questione riguarda sostanzialmente il tipo di strada da seguire, con la guida che regolarmente suggerisce le cosiddette strade minori, evitando quelle che da noi sarebbero le statali e le provinciali. Sulla carta tutto bene, ma nella pratica le strade minori presentano due grossi inconvenienti: sono mal segnalate, e soprattutto non hanno una corsia di emergenza o perlomeno uno spazio di sicurezza al lato della carreggiata.
Spesso, soprattutto in Cornovaglia, Devon e Somerset, la guida mi ha fatto percorrere le cosiddette “lanes”: si tratta di strade di campagna strettissime, con spazi appositi perché due macchine si possano dare strada. Se ci si incontra a metà, uno dei due deve fare marcia indietro. Ovviamente, se uno impara a guidare da queste parti saprà guidare in qualunque circostanza. Intendiamoci: queste “lanes” sono bellissime e decisamente caratteristiche del sud-ovest. Sono dei veri e propri monumenti storici, nel senso che tutte sono ultracentenarie, parecchie sono medievali e alcune risalgono addirittura a oltre 3.000 anni fa, cioè all’eta della pietra. Fondamentalmente si tratta di un terrapieno, a volte delimitato da un muro a secco, sul quale cresce fino ad una altezza di 2 o 3 metri una varietà incredibile di piante, fiori e arbusti, che costituiscono un vero e proprio paradiso della biodiversità. Vengono usate per definire le proprietà, delimitare i campi e impedire al bestiame di uscirne. Si calcola che nel solo Devon ce ne sia un totale di 53.000 chilometri! Sono praticamente sacre.
Però percorrerle in bicicletta è un altro paio di maniche. Seguono il contorno del terreno e di conseguenza sono piene di curve cieche e presentano pendenze assurde per un ciclista. E, come dicevo prima, sono pericolose, perché non permettono la visibilità e non lasciano spazio all’errore.
Per questo motivo, stamattina ho deciso che la mia sicurezza val bene il romanticismo delle “lanes” e ho preso una bella statale, con ampia carreggiata di emergenza, che per di più aveva l’innegabile vantaggio di essere livellata e di limitare i saliscendi al minimo indispensabile. L’unico inconveniente è stata, udite udite, una foratura. Ebbene sì, non ho forato una sola volta attraversando gli Stati Uniti, ma stamattina una sottile punta di acciaio è riuscita a oltrepassare il mezzo centimetro di corazza dei miei pneumatici e mi ha causato un’oretta di ritardo. Poco male.
Ero partito da Ironbridge, amena località che deriva il suo nome (Ponte di Ferro) dal fatto che proprio qui, sul fiume Severn, venne costruito nel 1779 il primo ponte di ferro della storia, consacrando in qualche maniera l’inizio della Rivoluzione industriale che, proprio con lo sviluppo della metallurgia su larga scala, ha rivoluzionato la storia dell’umanità.
Oggi, con la crisi conclamata dell’industria pesante, Ironbridge si è convertita soprattutto al turismo archeologico, con tutta una serie di attività musicali dedicate, che attirano nelle antiche fonderie una folla interessata di turisti e, in egual misura, di nostalgici.
Il punto d’arrivo della giornata, invece, è la cittadina di Crewe, nella contea del Cheshire. Occorre spendere due parole su questo posto, perché se appena appena accennate ad un inglese qualunque il nome di questa città, si metterà a ridere. Per un motivo che nessuno ha saputo spiegarmi, Crewe è diventata lo zimbello del paese, l’oggetto o almeno l’ambientazione di ogni barzelletta. Nessun inglese che si rispetti verrà mai da queste parti, se non per lavoro. Come turista, mai, e si può capire. Da quando ho lasciato il sud-ovest, la mia vita di ciclista è migliorata, ma il paesaggio è cambiato in peggio: colline basse, pianura noiosa, coltivazioni estensive di cereali, cittadine bruttarelle.
Non a caso, siamo nelle “Midlands” in quelle “terre di mezzo” che alternano grandi distese agricole a importanti concentrazioni urbane come quella di Birmingham, da dove sarò costretto a passare tra qualche giorno.
Comunque, sono arrivato da queste parti dopo un centinaio di chilometri fatti negli ultimi giorni costeggiando le rive del grande fiume Severn, e voglio vedere i lati positivi anche di Crewe. Certo, una città nata ufficialmente nell’ 800 come “colonia ferroviaria” non avrà mai un grande fascino storico-culturale, ma tant’è: accontentiamoci del fatto che è stata fabbrica delle Rolls Royce fino ad una decina di anni fa, mentre oggi produce esclusivamente le Bentley. Meglio di niente.
Chiudo con la spiegazione del titolo di questo post, che è una storia fra il simpatico e il demenziale, con forte propensione per il secondo. E questo è stato motivo sufficiente per farmi deviare dal percorso previsto.
A pochi chilometri da Crewe c’è un villaggio residenziale che va sotto il nome di Walliston.
E cosa si sono inventati gli astuti abitanti di questo posto, che altrimenti sarebbe originale come una giornata di pioggia?
Dal 1980, in un campo che appartiene alla locale scuola elementare, qui si tiene il campionato mondiale degli incantatori di vermi. Oh, yes!
Ad ognuno dei 144 concorrenti viene assegnato con sorteggio un appezzamento di terreno di tre metri per tre. L’obiettivo è quello di far uscire dal terreno e catturare il numero più alto possibile di vermi usando ogni tipo di “musica”, cioè di vibrazione. Nel corso degli anni, lo strumento più efficace si è rivelato essere il forcone, o forcale che dir si voglia, con tre o quattro denti. A questo punto, è la tecnica individuale, affinata in lunghi mesi di esercizio, che prende il sopravvento.
C’è chi pianta i rebbi nel terreno per una quindicina di centimetri e li percuote con un diapason, c’è chi percuote ritmicamente il manico del forcone con oggetti diversi, c’è chi “suona” il manico come se fosse la corda di un violoncello, c’è chi pianta i picchetti di una tenda e “suona” i tiranti… Durante i 30 minuti di gara, salvo supplementari in caso di parità, i vermi vengono fuori di corsa perché pensano stia suonando l’allarme atomico. Insomma, spazio alla creatività e… vai col liscio!
Il regolamento ufficiale prevede regole e sanzioni. Vieta ad esempio lo spargimento di acqua sul terreno: è considerato doping.
E i concorrenti schifiltosi che non vogliono toccare i vermi, possono nominare un assistente, un accalappiavermi, per così dire!
Qualche statistica:
Record mondiale per il numero di vermi catturati: 567 (anno 2009)
Record mondiale per il verme più pesante: 12,08 grammi (anno 2011)
Il WWF ha cercato inutilmente di bloccare il campionato, sostenendo che i vermi subiscono un trauma acuto ai loro organi, pur primitivi, preposti all’udito. Tra i postumi accertati sugli esemplari esaminati, il WWF segnala casi di cefalea, insonnia, tachicardia, attacchi di panico, gastriti, stanchezza acuta, irritabilità e difficoltà di concentrazione.
La giuria popolare ha abbozzato. Ha rigettato il ricorso del WWF, stabilendo al contempo che i vermi “incantati” vanno liberati la sera stessa della gara, però al tramonto, dopo che pollame e uccelli si sono appollaiati per la notte.
Se no, sai che festino!
Ps: Sul caso del ricorso in Cassazione contro la condanna della “pork pie” per frode alimentare, la Corte, pur considerando che quella artigianale è migliore, ha confermato la condanna a quattro anni. Quanto alla pena accessoria dell’interdizione dalla pubblica esposizione in vetrina, il giudizio è rinviato.
Ciao Emilio, vorrei farti una domanda : dove dormi ? E la bici, te la porti in camera, o smonti tutto l’ambaradan ogni sera ?
B&b o albergo, un posto per la bici si trova sempre. Tutto il materiale sta nelle due sacche laterali. Ogni giorno è come un trasloco…:-)
We are very much enjoying your blogs and we are very proud of you! But we still like pork pie! Next time you come to Wells, we’ll have a pork piefest in your honour!
Biella di Barbiano ti dà 1 a 2… e ha detto che è buono 🙁