Privilegi di casta
Caviale a sbafo
Mentre mi appresto, dopo un giorno di riposo nella magnifica città di Wells, a completare il mio trittico di regioni del sud-ovest dell’Inghilterra e a virare verso il centro-nord, qualche considerazione si impone su ciò che, sia pur frettolosamente, ho visto in questa prima settimana di viaggio.
Dico anzitutto che per chi ama la natura e ha un’idea romantica della campagna, Cornovaglia, Devon e Somerset sono, ciascuno alla sua maniera, regioni da non perdere; e non a caso, soprattutto le prime due d’estate raddoppiano praticamente la loro popolazione.
L’impressione che ho avuto partendo dalla costa e muovendo verso l’interno, è stata quella di visitare due paesi diversi. Sono partito dalle città della costa atlantica: qui si riversano soprattutto giovani, artisti e famiglie. I primi sono in genere surfisti alla ricerca di emozioni forti, che catturano le onde dell’oceano e volteggiano, in piedi, accucciati o stesi sulla pancia, con ogni genere di tavola: da surf, a vela, attaccata a un paracadute o a un aquilone. Per chi come me non sa nemmeno nuotare, è uno spettacolo bello ma incomprensibile, anche perché ogni volta che sento la parola tavola a me viene semplicemente l’acquolina in bocca.
Poi dicevamo degli artisti, pittori in particolare. Ora, a me le cittadine costiere della Cornovaglia sono sembrate tutte molto simili come struttura, salvo avere diversi gradi di eleganza estetica. A voler essere brutali, Newquay è abbastanza orrenda, mentre Padstow è carinissima. Ce n’è una però, St. Yves, che merita un discorso a parte, perché la popolazione è fatta soprattutto di artisti, che sostengono che qui la luce ha una qualità tutta speciale. Ammetto di non saper fare una “o” con un bicchiere, quindi avrei bisogno di un fotometro per capire in cosa la luce di St. Yves sia diversa dal resto del mondo. Ma da bravo cinico, ho come la sensazione che giochino altri fattori.
Sembra che la moda dei pittori sia nata negli anni ’20, quando un tale Alfred Wallis, dopo aver fatto il pescatore tutta la vita, decise a 67 anni che si faceva meno fatica a dipingere i pesci come autodidatta che a prenderli con la rete alzandosi alle tre ogni mattina. E si guadagnava anche di più.
Da allora, St. Yves è diventata una vera e propria colonia di artisti, con decine e decine di gallerie d’arte che ingentiliscono le case di pietra del borgo e riempiono di colore le sue stradine scoscese. Addirittura, la Tate Gallery di Londra ha aperto una succursale di fronte alla spiaggia, dove espone collezioni di arte prevalentemente moderna e prodotta in loco.
La terza componente della fauna turistica costiera sono le famiglie, che durante i mesi della transumanza dalle città, luglio e agosto, non esitano a invadere campeggi e pensioni bed and breakfast con il miraggio della vacanza a buon prezzo, degli spettacoli di burattini per i pargoli e con la garanzia assoluta di trovare ogni cento metri un posticino che vende l’altro grande mito gastronomico del paese, il “fish and chips”, cioè pesce impanato e fritto (merluzzo, quando va bene), con ampio contorno di patate fritte tagliate grosse, sale e aceto a gogo e succulenti piselli bolliti per pulire il palato.
Pensate che ogni anno c’è un concorso nazionale che premia i migliori “fish and chip shop”. Il bello è che due anni fa l’ha vinto una famiglia di italiani emigrati da generazioni in Scozia: secondo me, hanno usato l’accento balsamico…
Se l’atmosfera di questi posti sull’oceano è un po’ la stessa di quando andavo in colonia da bambino, lo stesso non mi è sembrato delle zone dell’interno, dove un turismo meno in vena di mare, arte e caciara, si abbandona alla suggestione veramente rustica dei luoghi, alla forza primordiale dei paesaggi boschivi e alla rarità del silenzio delle brughiere. Costeggiando i mille chilometri quadrati della brughiera di Dartmoor, si vede come questa zona superprotetta sia ancora oggi quasi disabitata, brulla, immensa, punteggiata di inquietanti resti neolitici e misteriose file di pietre rozzamente intagliate.
A scanso di equivoci, ho tenuto pronto il mio “dog dazer”, l’aggeggio elettronico che spara frequenze per tenere a bada i cani randagi, ma il dubbio rimane: e se saltava fuori il “Mastino dei Baskerville”?
Qui si trovano gli amanti delle passeggiate nella natura, così come i difensori ad oltranza del diritto di passaggio, che qualche agricoltore o allevatore vedrebbe volentieri limitato. I villaggi dell’interno sono spesso ridotti a poche case, a volte a sole seconde case, per cui l’attività economica stenta a sopravvivere. Per questo motivo, non è raro incontrare uffici postali che, come quello in cui mi sono fermato a chiedere indicazioni, oltre ad offrire francobolli e raccomandate, vendono anche giornali, generi di conforto ad alto tenore zuccherino, prodotti per la casa, zappe, vanghe e sementi, birra e sidro. La lista non è esaustiva.
Chiudo la carrellata turistica, dicendo che se le case con i tetti di paglia sono la caratteristica più giustamente nota del Devon, la regione del Somerset rimane molto sottovalutata. Sono passato per Glastonbury e Wells, ho purtroppo solo sfiorato Bath, ma mi capiterà di dire qualcosa su ognuna di esse.
Dimenticavo un aneddoto. Parlando di fish and chips dicevo che di solito il pesce usato è merluzzo o qualche pesce simile come gusto e consistenza. Ma una cosa è assolutamente certa: accanto alle patate non si potrà mai usare carne di balena, di delfino, di lemure o di storione. Forse perché sono specie protette? Certo, ma non solo. Il vero motivo è che dai primi anni del 1300 uno statuto attribuisce la proprietà esclusiva di queste quattro specie alla casa reale. Henry of Bracton, un famoso esperto di diritto che alla fine del ‘200 esercitò la giustizia nelle tre regioni che ho attraversato e oggi è sepolto nella navata della cattedrale di Exeter, ebbe a scrivere: “de balena vero sufficit . . . si rex habeat caput, et regina caudam” , cioè la testa della balena per il re e la coda per la regina, con la spiegazione che quest’ultima si sarebbe servita delle ossa della coda come stecche per i suoi preziosi busti e corsetti. Non è dato sapere cosa se ne facesse il re della testa della balena. Visto il livello di follia, la mia idea è che usasse i fanoni come stuzzicadenti, ma chissà!
Uno che ha scoperto questo statuto a sue spese alcuni anni fa, è un pescatore gallese, che ha cercato di vendere all’asta uno dei rarissimi storioni (6 all’anno in media) che si pescano negli estuari. Una bella bestia di 120 chili che gli avrebbe fruttato qualche migliaio di sterline. Peccato che la legittima proprietaria coronata non fosse stata informata. E così, la preda del secolo si è trasformata in una colossale fregatura. La Regina ha graziosamente declinato il pesce, con annesso caviale (bontà sua), ma lo storione è finito al museo di scienze naturali in quanto specie protetta!
Che storia.
Anzi, che storione!
Bemo, bemo, bemo, sei ancora a cavallo della Piadina! Ecco perché non ti ho visto con la piadina tra i denti all’arena delle balle! Un grosso saluto, sei forte!
E’ vero, sei partito alla grande. Ma sei un grande, forse. Si direbbe più scrittore che ciclista. Al solito i tuoi “racconti” sono belli. Tutta la vita ho sognato di un principe che mi portasse in Cornovaglia, ormai mi accontento di vedere i filmetti rosa di quella tedesca che, ambientati appunto nei luoghi che stai vivendo, parlano sempre di storie d’amore, rigidamente fra ricchi ricchissimi e sfigati. Il mio sogno vero sarebbe vivere una storia come quella di A.H e D. W, inel film viaggio in Inghilterra. Magnifico anche se lei alla fine muore, dopo avere insegnato a lui, il prof.-scrittore, cos’è l’amore.
Che invidia suscita la tua fatica! Magari una volta potresti caricarmi sulla tua bici, in fondo, a parte gli anni, peso solo 50 kg. Un baciottone
claudia
Siamo rovinati… al Circolo Campagnolo ti danno 1 a 32… temo il peggio. Tu che ti fai delle storione sei un lumacone !!! Gabba gabbone !!!