Sidro e vino ai pasty…
… e whiskey dopo i pasty !
Il post di ieri sul “fudge” ha creato una lotta serrata fra detrattori e sostenitori della caramella Mou, con l’intera tifoseria interista schierata a favore, perché solo a sentire la parola Mou torna in mente l’artefice del mirabolante “triplete”.
Ma mettiamo i sogni nel cassetto e continuiamo la carrellata di specialità gastronomiche della Cornovaglia. Il giro è presto fatto, perché sono due in tutto: la “double cream” e il “pasty”.
Il dizionario Collins traduce “double cream” con panna da cucina. Forse è giusto, ma non mi piace, perché non rende giustizia al mito di questa “panna doppia”, o “panna pesante”, come la chiamano gli americani. Come consistenza fa pensare al nostro mascarpone, e al palato è semplicemente voluttuosa, forse perché la materia grassa sfiora il 50%.
Nonostante i tentativi di usarla in altre ricette, la “double cream” dà il massimo nel rito del tè, che non a caso da queste parti diventa un “cream tea”. Per chi non lo avesse mai provato, funziona così: vengono servite due focaccine (in inglese di chiamano “scones”) piuttosto insipide, che hanno la consistenza di una nostra ciambella. L’idea è che si imburrano le focacce, si tappezzano di marmellata di fragole e si ricopre il tutto con “double cream”. Il risultato è una esplosione eccezionale di sapori, però bisogna dimenticare le ultime analisi e le raccomandazioni del medico: della serie “meglio un giorno da leoni”…
Purtroppo non posso essere così elogiativo nei confronti del “pasty”. Intanto, cos’è?
Ha la forma e le dimensioni di un crescione, ma le somiglianze finiscono lì.
L’involucro è ottenuto mischiando farina, margarina, lardo e acqua. Lo si riempie con una combinazione di cipolla, scalogno, porri, rape, patate e carne di manzo tritata.
Praticamente è un crescione di stufato. Se proprio si deve, meglio consumarlo di mattina, perché la permanenza sullo stomaco può durare ore e la sensazione di pesantezza darebbe insonnia. Incredibilmente, però, il “pasty” è il prodotto principe delle esportazioni della Cornovaglia e la pietanza culto della Regione. Nel libro dei record ce n’è uno che pesa 850 chili.
Era il piatto forte dei minatori, che però mangiavano solo il ripieno e gettavano la crosta esterna, per non ingurgitare le sostanze chimiche e velenose che ricoprivano guanti e mani. Pensate che dall’inizio del ‘900 ( quando metà dello stagno mondiale era estratto da queste parti!), ogni volta che la squadra di rugby della Cornovaglia gioca una partita importante, sopra la traversa della meta viene issato un “pasty” portafortuna gigantesco. Il bello è che non è un “pasty” qualunque: è sempre lo stesso dal 1908!
E poi dicono che gli italiani sono superstiziosi…
I riferimenti nel titolo odierno a sidro, vino e whiskey non sono casuali, perché, con grande sorpresa, ho scoperto che la Cornovaglia li produce tutti e tre.
Niente da dire sul sidro, che è un prodotto eccellente, da gustare fresco e frizzante per apprezzarne aroma e gusto, non importa se alla base ci siano le mele o le pere. Si raccomanda comunque moderazione, perché ha un tenore alcolico che va dal 5 al 7% e si serve in bottiglie da mezzo litro. Non so se mi capisco…
Il vino è una storia recente, diciamo dagli anni ’80. Certo, il terreno è lo stesso della Champagne e le varietà di uva sono adattate al clima di queste parti. Certo, qui è permesso zuccherare il mosto per aumentare il grado alcolico. Certo, mi è capitato di offrire a cena vino inglese ad ospiti ignari, coprendo l’etichetta per fare una sorpresa… Resta il fatto, però, che il risultato non mi convince ancora. Ieri mattina stavo per visitare una cantina, la Camelvalley Vinery, ma ho rinunciato perché rischiavo di far tardi. Per scrupolo, mi impegno a tornarci una volta che ripasso in macchina da queste parti. Ma non mi aspetto miracoli; anzi, temo la fregatura, da quando ho visto che uno dei vini è intitolato ad uno chef francese che un giorno sì è l’altro pure compare in tv con le sue ricette “creative”. È il fenomeno dei cosiddetti “celebrity chefs”, su cui tornerò un altro giorno.
E il whiskey? Intanto si scrive con una “e” per distinguerlo da quello scozzese. Poi esiste solo da 10 anni e costa 175 sterline per una bottiglia da 500cc. Scusate il disturbo! Ma forse il prezzo così salato si giustifica con il fatto che è l’unica bevanda al mondo che riesce a far digerire un “pasty”.
Sono certo che Carlo e Camilla, che detengono i prestigiosi titoli di Duca e Duchessa di Cornovaglia, non esiteranno a regalarne almeno una bottiglia al neonato nipotino, acquisito o meno che sia. Dopotutto è una tradizione cornica, cornica in tutti i sensi.
A proposito, nel mio piccolo esprimo profonda indignazione per la scelta del nome George. Ma come? La fantasia si ferma al nome del nonno? E pensare che il mio cavallo di battaglia, Alfred, con uno scatto di reni era sceso a 33:1 nelle ultime quotazioni degli allibratori. Ieri sera, forse annebbiato dalla stanchezza e dalle salite, ho addirittura scommesso su quel nome la bellezza di 10 sterline. Se le cose fossero andate bene, avrei organizzato una festa in piazza a Cotignola: “anti-pasty e pasty-ccini” per tutti. E come dolce, “fudge” coperto di “double cream”. Il tutto innaffiato di sidro e vino di Cornovaglia. Whiskey come digestivo. Cotignola non è un paese per stomaci deboli.
Fra tutte le reazioni più o meno scomposte alla nascita dell’erede al trono, chiudo citandone due, che secondo me esemplificano da un lato l’amore di tutto un popolo per la monarchia e dall’altra la sua fenomenale indole dissacratrice.
– Un settimanale satirico ha titolato a tutta pagina: “Donna partorisce un figlio”.
– Invece il quotidiano “the Sun” ha cambiato il suo nome per un giorno in “The son”, giocando sul l’identità di pronuncia dei due termini.
Sarebbe come se, in Italia, Giuliano Ferrara avesse chiamato il suo giornale: “il Figlio”.
Ps: Domani giornata pesante. Si prevedono salite e pioggia. Il blog probabilmente salterà un giorno.
Il pasty, sempre lo stesso, sulla traversa della meta, mi ricorda una certa pizza, sempre quella…
E poi, complimenti per “il Figlio” ! Come trovata è ancora meglio di “ground zero” per la rima !! Evvai !!
ps. anch’io ho nostalgia delle mou…
La battuta de “Il Figlio” e’ fantastica. Il tuo blog e’ davevro esilarante. Please keep on blogging !!!
…per consolarti, quando torni prometto un pranzo rifocillante e gratificante, con menu’ su misura secondo le sue esigenze (che dopo l’inghilterra …mmmm… non credo saranno particolarmente pretenziose…) qui all’ombra dei tigli – e con olio extra invece della margarina! (bleah)
accettato?
ok!
🙂
…e che dire a proposito delle sensazioni while riding your bike?
Organizziamo il sequestro del pasty e chiediamo un riscatto di un milione di sterline. E se non pagano gli tagliamo un’orecchia e la spediamo per posta al capo del governo. Sacrament d’en camerun!!!
ciao emilio!
quando torni faremo una degustazione con pizza fritta e sangiovese…..per il momento tieni botta e pensa a pedalare….
Questa mattina, scartabellando nella libreria ho trovato alcuni sonetti del romagnolissino Olindo Guerrini e la piccola rima ”e viazz” sembra scritta apposta per la tua nuova avventura:
Da Ravenna a ruzzlessom a Milan,
Sempar in bicicletta, e pu in Piemont
Fena a e’ mont Rosa, ch’l’è un vigliac d’un mont
D’un’altezza sparversa sora e’ pian.
Al rapessom a pé st’e’ fiol d’un can
E, calè zo, fassessom dietro front
E da la Lumbardì, fa pu e’ tu cont,
Ch’a travarsessom nenca e’ Venezian
Ui era al gross manovra e par quest
As la gambessom par scansè l’intrig
D’la porbia, d’i cariagg e d’tott e’ rest
E icsé, dop avè fatt tanti fadigh,
Arrivessom tott du fena a Triest
Indov ch’fa sbocia i nostra bon amigh.
Prosit Emilio e bon viazz!
You’ve missed out Stargazy pie!
K x x x x x
Quotazioni ballerine da parte degli allibratori della Chiusaccia … questa mattina ti davano 1 a 135 mentre, questa sera, 1 a 97. Sto cominciando a sudare di prepo !!!