Ci sono un americano, un canadese e un italiano…
C’è poco da fare. In America le cose normali non esistono. Le salite le ho descritte ieri, oggi mi soffermo sulla discesa più spaventosa che abbia mai dovuto affrontare.
Partito dalle “terme” di Jacumba, salgo fino ai 1300 metri circa del passo In-Ko-Pah. A quel punto si entra sulla I-8, una freeway, come la chiamano qua, normalmente vietata ai ciclisti, ma permessa laddove è l’unica strada disponibile.
L’autostrada taglia a metà una gola ripidissima e scende a capofitto verso il fondovalle. La pericolosità viene dalle folate fortissime di vento che giungono lateralmente e possono rovesciare persino un mezzo leggero, figuriamoci una bicicletta!
Per farla breve, in una quindicina di km si scende a razzo (velocità massima raggiunta 66 km/h) da 1.300 metri fino a zero (il deserto dello Yuha) e subito dopo addirittura sotto il livello del mare, allorché si attraversa la Imperial Valley, nota per la sua produzione agricola.
Il resto della giornata è stato fondamentalmente pianeggiante, ma con strade che definire pessime è un complimento e con alcune curiosità degne di nota. La prima è Plaster City, segnata a tutti gli effetti sulla cartina come centro abitato e con tanto di cartello di benvenuto.
Ebbene, a Plaster City c’è solo, unicamente ed esclusivamente una fabbrica di gesso, equamente distribuita ai due lati dell’unico stradone, ovviamente vuoto e diritto a perdita d’occhio. Nessuna abitazione, nessun negozio. Non si vede anima viva. Lungo la strada, incredibilmente, una linea bianca e uno stop. E ancor più incredibilmente, mentre sono lì passa un solo camion (visibile già da circa 10 km) che si ferma allo stop, guarda e riparte.
Spinto dalla curiosità, sono entrato in una baracca pomposamente definita Human Resources office e con la scusa di riempire le borracce ho cercato di fare due chiacchiere con l’unico impiegato: niente da fare, scontroso come un orso. Mi sono chiesto se tratta così anche le sue risorse umane, ma alla fine non deve essere facile fare il sacerdote in una cattedrale nel deserto!
Il secondo fatto saliente della giornata è che sono stato raggiunto da quattro simpaticissimi personaggi che fanno il mio stesso giro: Lee, Keith, Dave e Gaby, due americani, un canadese e una tedesca. In realtà, loro hanno bici da corsa e uno, a turno, guida la macchina con i bagagli, per cui contano di completare la traversata in 35 giorni all’incirca. Per qualche chilometro ho sfruttato la loro scia e alla sera abbiamo cenato insieme in un immancabile ristorante messicano.
Ci siamo raccontati la giornata e, dopo regolare scrutinio, l’assemblea mi ha eletto all’unanimità sindaco di Plaster City.
Come primo atto della legislatura farò togliere quello stop ridicolo.
Metterò al suo posto una rotonda.